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Il calcio prigioniero del "Murignismo"

Italo Cucci venerdì 16 ottobre 2009
La Treccani ha raccolto in volume, con ricco aggiornamento, le
Parole Nuove che già il Migliorini aveva cominciato a selezionare negli anni Sessanta e che con il Devoto-Oli avevano avuto l'onore di un gustoso dizionario. Dico gustoso perchè una grossa percentuale dei neologismi erano firmati da giornalisti sportivi, ritenuti ingiustamente dai più una ruota di scorta del giornalismo "nobile". A metterla giù facile, potremmo tutti essere considerati eredi del Grande Inventore Gianni Brera che ha davvero contribuito ad arricchire la lingua italiana, mentre in realtà, nella proliferazione dei neologismi entrano in ballo le espressioni gergali, le traduzioni approssimative, le fantasie dei parolieri e - talvolta è successo - anche i refusi: già, per i ricercatori avventati anche un errore di stampa puè essere accolto fra le parole nuove. Le ultimissime - in campo sportivo - sono «guardiolismo» e «murignismo», che accorperei sotto il titolo "Segno dei tempi". Volendo anche - con molte scuse per Dacia Maraini - l'Eta del Malessere (calcistico). Il Guardiolismo ha portato alla ribalta - due per tutti - Leonardo e Ferrara, promossi sul campo non dico senza il supporto dell'anagrafe ma privi della necessaria esperienza. L'ho sottolineato subito, i fatti mi stanno dando ragione e tuttavia ho la sincera speranza che, con aiuti adeguati, i due giovani panchinari sapranno trovare la diritta via. Magari seguendo il mio suggerimento di farli affiancare da "anziani" direttori tecnici. E non straparlavo, se è vero che in questi giorni si parla tanto del rientro di Lippi in Juventus, a Mondiale finito, con il ruolo di Direttore Tecnico (e Ciro allenatore). Commento di Buffon: «Sarebbe una grande cosa». Ora, si tratta solo di arrivare a fine campionato... Ma la vicenda di Lippi mi porta al secondo neologismo, il Murignismo: perchè il Commissario Tecnico azzurro è esploso - alla fine di un'Italia-Cipro raddrizzata da una tripletta di Gilardino seguita a un deplorevole 0-2 cipriota contestatissimo dai tifosi parmigiani - in una inedita intemerata che ha coinvolto il pubblico di Parma e i giornalisti usati come randelli nei confronti degli «italiani che non amano l'Italia». A poche ore di distanza, Diego Armando Maradona ha fatto di peggio, ricambiando i "periodistas" che lo avevano ricoperto di insulti con una punizione verbale che nel giro di pochi minuti ha scandalizzato (e sollazzato) il mondo del calcio, ormai avvezzo alle disavventure di quei giornalisti che, pur di avere la polemica del giorno, si sottopongono anche a riti masochistici. Come quelli - ormai famosi - che inaugurarono incassando senza adeguate reazioni l'accusa di «prostituzione intellettuale» lanciatagli da Josè Mourinho. Da quel giorno - dopo la popolarissima sentenza «io non sono un
pirla» che aveva felicemente inaugurato la sua stagione milanese - lo Specialone's è lasciato andare - vista la debolezza del contraddittorio - a interventi a dir poco arroganti. E mi ha stupito assai che Lippi, geloso di una sua forte e originale personalità, abbia seguito il maestro Mourinho nella sortita dell'altra sera, destinata - secondo molti osservatori - a mobilitare e rafforzare il Gruppo
difendendolo ad oltranza dalle «ingerenze» esterne, proprio secondo lo schema dialettico che Mourinho, studioso di calcio, ha ereditato da Helenio Herrera, quello che per primo sentì «il rumore del nemico». Ma HH (come Rocco, e Viani, e lo stesso Bearzot più tardi) era un Vecchio Fusto che sapeva dove fermarsi, magari perche' andava a sbattere contro un Brera. Lippi non ha offeso gli Italiani, ha fatto di peggio: ha offeso i Parmigiani, quelli che al "Regio" osavano
fischiare anche Pavarotti. In nome della libertà di critica.