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Il caffè sospeso ora va anche ai migranti

Vittorio Gennarini venerdì 6 ottobre 2017
Tutto comincia nel 1905 a Milano, quando l'ingegner Desiderio Pavoni mette a punto la prima macchina da caffè espresso da bar: in questi ultimi, in tutt'Italia e nel mondo, nacque così l'usanza di sorbire la preziosa bevanda energetica in piedi. Il costo del caffè nei pubblici esercizi diminuì vertiginosamente. Nacque in seguito anche la magnanima abitudine, da parte degli avventori titolati e aristocratici, di pagare un caffè in più rispetto a quello necessario al consumo personale, dunque una tazzina del prezioso liquido nerastro "sospesa" in attesa del cliente "sbandato" e squattrinato che comunque ne avesse bisogno per cominciare cristianamente la giornata.
Oggi, nel centro di Napoli, quest'usanza "dolcissima" è ancora in pieno fervore e spesso ne usufruiscono proprio migranti stranieri che per sbarcare il lunario trascorrono "on the road" la maggior parte della giornata. Ne sa qualcosa, nel bene e nel male, l'amministratore dello storico e letterario Caffè Gambrinus, Arturo Sergio, che ha sistemato all'ingresso del locale un'antica caffettiera, al cui interno chi si senta voglia regalare un caffè a un senzatetto o a un ambulante che abbia la propria bancarella nella leopardiana via Toledo può, dopo averlo pagato, lasciar scivolare un tagliandino con scritto "sospeso". Ed è molto fervido questo singolare e benemerito commercio nei pressi della cattedrale in via Duomo, dove il bar "Tico" di Paolo Ronga distribuisce caffè gratuiti e prepagati ai più bisognosi.