Rubriche

I TECNICI

Gianfranco Ravasi giovedì 21 novembre 2002
Bisogna diffidare dei tecnici, cominciano con la macchina da cucire e finiscono con la bomba atomica. È stato un popolare autore francese di commedie del secolo scorso Marcel Pagnol (1895-1974), ma ha anche scritto un'opera intitolata Critique des critiques, che vuole ironizzare su certi vezzi del secolo che abbiamo appena lasciato alle spalle. Mi piace citare da quel volume la sua critica riguardo ai tecnici, una categoria indubbiamente preziosa per la "modernità" di tutti i tempi, ma forse sopravvalutata. A differenza del vero scienziato, che ha normalmente una visione d'insieme e quindi s'interroga anche sul fine ultimo e sulle diverse sfaccettature delle sue scoperte, il tecnico è chino sul suo prodotto, considerandolo come un tutto fine a se stesso e intoccabile. Il suo orizzonte è limitato, il ritmo del suo pensiero è solo binario: utile/inutile. È così che alla fine l'oggetto o il progetto che ha tra le mani può esplodere senza che lui non si preoccupi né s'accorga. Nella genetica o nella ricerca nucleare, tanto per fare due esempi, spesso gli scienziati hanno avuto sussulti di moralità, si sono interrogati e hanno saputo anche fermarsi. Il tecnico, invece, può continuare a seguire solo i meccanismi di produzione, sia che siano destinati a far bombe sia che elaborino surgelati; può seguitare a manovrare provette secondo protocolli definiti, senza che un sussulto di coscienza gli faccia pensare al risultato ultimo. È necessario, allora, che noi abbiamo a ritrovare in ogni lavoro il gusto della domanda, della moralità, dell'umanità, dell'onestà mentale, del rispetto della persona.