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I “predicozzi” di Sanremo in nome della libertà

Paolo Massobrio mercoledì 15 febbraio 2023
Ai miei tempi c’erano le canzoni “impegnate” (Guccini, Vecchioni, Bertoli…) e quelle leggere, che hanno sempre avuto il sopravvento su Sanremo e, come s’è visto quest’anno, non muoiono mai. Ma adesso che tipo di canzoni ascoltiamo? Me lo son chiesto davanti a monologhi rap e motivi biascicati, dove era pure difficile capire le parole: tutto tranne qualcosa che abbia a che vedere con la gioia. C’è una ferita esistenziale e non possiamo far finta di niente: le canzoni ne diventano lo specchio e nei motivi non c’è più la spensieratezza degli anni in cui l’Italia cresceva. Poi le regole dello spettacolo sono “affari” di altri e la macedonia di Sanremo funziona per gli ascolti. Ok, ma quale comicità è mai quella che prende in giro i nuovi agricoltori, «falliti due volte», ha detto nella sua gag Angelo Duro, parlando dei laureati che poi scelgono un mestiere nei campi. Questa è comicità? Ora, guai ad attaccare il diritto di satira, anche se fuori luogo e al limite dell’ignoranza, ma quello che è andato in scena a Sanremo, in nome dell’abusata parola libertà, somiglia a un predicozzo da sorbire seguendo uno spettacolo canoro. Ridateci i silenzi di Celentano allora! Pier Paolo Pasolini scriveva: «Io profetizzo l’epoca in cui il nuovo potere utilizzerà le vostre parole libertarie per creare un nuovo potere omologato, per creare una nuova inquisizione, un nuovo conformismo». Un giudizio che sembra calzare a pennello, dove il potere non è quello istituzionale, ma quello della mentalità dominante che spinge a rendere normale ciò che invece non lo è. E, ascoltando le canzoni, sembra che insicurezza dei rapporti e istintività siano il conformismo d’oggi, come se non ci fosse altro all’origine di ogni essere. Sfoglio un libricino sui giovani siciliani che hanno scelto di lasciare carriere avviate in luoghi lontani per tornare nella loro terra e portare innovazione. All’assessorato all’Agricoltura sono pieni di questi esempi, che rappresentano un fenomeno di questi anni e che vengono promossi da progetti istituzionali. Elena e Giulia hanno trovato lavoro a New York, ma oggi hanno aperto un Glamping di lusso a Noto, in mezzo a ulivi e viti, dopo aver ristrutturato un baglio che piace ai turisti stranieri. E hanno vinto, altro che essere falliti due volte! Mirko invece è tornato dal Veneto a Partanna, dove investe sull’avocado. E così Luigi, Francesca Paola, tutti giovanissimi che reinterpretano la loro terra con una mente aperta. Si può dire allora che i comici dovrebbero almeno riscrivere i copioni? Facendo anche lo sforzo di cassare luoghi comuni che fanno parte del passato? © riproduzione riservata