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I Paesi poveri puntano sugli Ogm

Andrea Zaghi sabato 20 gennaio 2007
Nel mondo, le coltivazioni geneticamente modificate hanno avuto negli ultimi mesi una crescita record. Stando ai dati più recenti diffusi questa settimana, i campi Ogm coprono ormai 102 milioni di ettari coltivati. È un dato importante, che deve far ripensare i rapporti fra agricoltura «tradizionale» e quella «modificata».A rendere note le statistiche più aggiornate su queste colture, ci ha pensato il rapporto annuale dell'Isaaa (International service for the acquisition of agri-biotech applications) che ha spiegato come nel 2006 rispetto all'anno precedente la crescita degli Ogm sia stata del 13% per le coltivazioni. Un traguardo raggiunto, viene spiegato, grazie ai 10,3 milioni di agricoltori che usano piante transgeniche. E non basta, perché la stessa fonte spiega come una crescita sugli stessi livelli sia da prevedere da qui al prossimo decennio per arrivare nel 2015 a circa a 200 milioni di ettari e 20 milioni di coltivatori attivi in circa 40 Paesi. Ad essere coinvolti, ovviamente, i produttori delle aree più povere e tecnologicamente arretrate del mondo agricolo. Il rapporto, infatti, indica che la crescita maggiore di queste coltivazioni è avvenuta nei Paesi in via di Sviluppo che hanno fatto registrare un tasso più che doppio di quelli industrializzati.Si tratta di numeri importanti, che probabilmente faranno allarmare più di un agricoltore europeo, ma si tratta di numeri affidabili con cui ' come si è detto sopra ' occorre fare i conti. Aggiungendo magari un ulteriore dato: più della metà della popolazione mondiale vive in Paesi dove le piante Ogm sono coltivate.Oltre a tutto ciò, per completare il quadro, occorre sommare il fatto che il settimo Programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico in Europa dispone per il periodo 2007-2013 di quasi duemila milioni di euro per la ricerca sulle biotecnologie. Certo, si tratta di fondi destinati soprattutto a spingere l'agricoltura verso una sempre maggiore qualità e compatibilità con l'ambiente. Rimane però l'interrogativo di fondo a cui il mondo agricolo europeo, e italiano in particolare, devono rispondere. Come conciliare oltre cento milioni di ettari Ogm nel mondo con l'ostinata ' e per molti aspetti condivisibile ' difesa delle peculiarità dell'agricoltura cosiddetta tradizionale? E non solo. Ci si potrebbe anche chiedere fino a quando la fortezza Europa riuscirà a resistere agli attacchi degli Ogm. Mentre si palesa all'orizzonte la conferma di una distinzione pericolosa e fuorviante: l'agricoltura Ogm per i poveri, quella tradizionale e di qualità per i ricchi. Da un lato una produzione di massa e modificata geneticamente, dall'altro una di nicchia, pura e per pochi.È dalle risposte a questi interrogativi che, probabilmente, dovranno nascere strategie diverse di difesa del «modo europeo» di fare agricoltura, altro da quello esercitato negli Stati Uniti e, soprattutto, dalle modalità con cui la produzione alimentare viene condotta nel resto del mondo.