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I Comuni pugliesi fanno rete sull’uva

Andrea Zaghi domenica 30 luglio 2023
U n accordo per valorizzare insieme prodotto e territorio. Cosa non nuova, certo, che però diventa importante quando il prodotto in questione è l’uva da tavola e il territorio una particolare area della Puglia alle prese con la necessità di rilanciare l’economia e tutelare ambiente e tradizioni. L’intesa è stata presentata in questi giorni, in contemporanea all’inizio della raccolta del prodotto di cui l’Italia è il principale attore a livello europeo, oltre che il terzo esportatore a livello mondiale, dopo Perù e Paesi Bassi (che non producono ovviamente, ma funzionano da snodo di smistamento).
Uva da tavola, dunque, che in termini economici significa, tra Puglia e Sicilia, il 94% della produzione nazionale (il resto arriva da Basilicata e Lazio), la seconda voce dopo le mele in quanto a vendite all’estero per circa 700 milioni di euro. Soprattutto però, sono importanti gli spazi di crescita. Stando ad un’analisi Ismea, in 5 anni il fatturato dell'export italiano di uva da tavola potrebbe raggiungere quota 1,2 miliardi di euro, con un aumento del 30% dei prezzi e del 20% dei volumi. È importante però organizzarsi, cooperare, presentarsi meglio sui mercati. Anche perché, se già il 46% della produzione italiana è venduta all'estero, fino ad oggi ci si è limitati all’Europa o quasi. Tra i grandi assenti ci sono ricchi mercati come quelli degli Usa e Canada, oltre che la Cina. Da qui, appunto, l’iniziativa di sette Comuni pugliesi per almeno provare a fare di più e meglio. L’accordo – “Regina di Puglia” -, è stato sottoscritto dai sindaci di Rutigliano, Turi, Mola di Bari, Castellaneta, Grottaglie, Adelfia e Noicattaro; presto si aggiungerà anche il Comune di Casamassima. Obiettivo è quello di lavorare insieme per, è stato detto nel corso della presentazione dell’iniziativa, «trovare vie moderne di sviluppo e innovazione affinché non si paghino più royalties per coltivare l'uva da tavola». Perché proprio questo, oltre alla questione dei trasporti e dell’organizzazione che serve per arrivare alla competitività sui mercati esteri, sembra essere uno dei problemi più importanti da risolvere. Dipendere dalla ricerca varietale condotta all’estero non fa certo bene allo sviluppo di uno dei prodotti più importanti dell’ortofrutticoltura nazionale. Territorio e ricerca, quindi, dovranno andare di pari passo. Partendo per esempio dalla crescita sul mercato delle varietà senza semi sulle quali si sta lavorando proprio in Puglia con il Crea (il Consiglio per la ricerca in agricoltura). In particolare nel centro di Turi, Crea e alcuni consorzi di imprese pugliesi hanno già messo a punto una ventina di nuove varietà con l'obiettivo di portare sul mercato l’uva senza semi per tutta la stagione, fino a dicembre. Certo, la firma di un documento non basta per essere certi del successo dell’iniziativa. Ma le premesse ci sono tutte, insieme ai segnali dal mercato e dalla filiera, anche dall’estero. Non è una cosa che ad assistere alla firma dell’intesa vi sia stata una folta delegazione del Dipartimento Uva della China Association of Agricultural Science Societies. © riproduzione riservata