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I cimiteri d'Europa veri custodi di civiltà

Gianfranco Marcelli martedì 19 novembre 2019
Retaggio prezioso dell'epoca medievale, soprattutto a partire dalla fioritura dei monasteri cluniacensi in poi, la memoria dei defunti e la visita dei cimiteri, che per i cristiani caratterizzano particolarmente questo mese di novembre, sono un altro dei legami culturali e spirituali che fanno dell'Europa qualcosa di più di un'idea. E certamente molto di più di una semplice necessità "strategico-militare", come è sembrato teorizzare da ultimo Emmanuel Macron.
Custodi a volte di opere artistiche notevoli e di eredità storiche condivise da più di un popolo, i "campisanti" (termine ormai sempre più raro) sono la testimonianza visibile di un comune patrimonio di civiltà. Non a caso gli episodi di profanazione di tombe e cappelle destano sempre un moto spontaneo di ripulsa, anche quando non sono frutto di attacchi
razzista o antisemiti. Mentre le goliardate all'insegna di rituali insulsi, in stile Halloween, fortunatamente non vi hanno finora preso piede.
Tutto ciò è talmente vero che tra i principali cimiteri di tante città dell'Unione è sorto da quasi vent'anni un sodalizio, un vero e proprio network, con tanto di itinerari di visita e di altre iniziative, per diffonderne la conoscenza e le caratteristiche. Contemporaneamente, si è affermata un'ampia pubblicistica online, con diversi siti che si occupano attivamente di "necroturismo": un termine dal suono forse un po' macabro, ma che dimostra un interesse diffuso alla scoperta e alla valorizzazione di un patrimonio significativo.
A livello continentale opera dunque dal 2001 l'Asce, Association of significant cemeteries in Europe, con sigla e denominazione inglesi ma sorta a Bologna sotto forma di ente non profit, che oggi raccoglie oltre 180 realtà di 22 nazioni, non solo membri della Ue. La sua ragione d'essere sta proprio nel promuovere la collaborazione fra municipi e gestori di luoghi di sepoltura, sia pubblici che privati, per far conoscere e preservare insieme una ricchezza fatta di storia e simboli comuni, sempre in una prospettiva europea e nella condivisione di valori che travalicano i confini e le diverse tradizioni culturali.
Per i suoi scopi l'Asce si è dotata di un comitato scientifico ed ha messo a punto una route che da tempo ha ottenuto il riconoscimento del Consiglio d'Europa. Sul suo sito è possibile attingere a un'ampia bibliografia e conoscere i ricercatori impegnati in varie discipline attinenti (architettura, storia, antropologia). Mentre ogni anno, nei mesi di maggio e giugno, si svolgono le "settimane di scoperta dei cimiteri europei" in molte delle città associate. Infine, per le visite è stata messa a punto anche un'applicazione mobile – ARtour – che aiuta ad orientarsi tramite smartphone e facilita la ricerca dei punti di maggiore interesse.
Attorno al modo di onorare e far memoria dei morti c'è, insomma, tutto un mondo che opera in sintonia a livello comunitario, dimostrazione eloquente che la civiltà europea si è costruita da secoli anche attorno alla frontiera finale della vita. E si può così scoprire che la suggestione percepita nel Père-Lachaise parigino, nel Friedhöfe viennese, nel Monumentale milanese o nello Staglieno genovese, non è molto diversa da quella provocata in cimiteri meno famosi, come il Sant'Antonio Abate di Alcoy in Spagna, il Dubovac della croata Karlovac o la Certosa di Ferrara.
Semmai c'è da augurarsi che la meditazione, e magari la preghiera, davanti alle tombe di tanti loro predecessori, piccoli e grandi, sconosciuti o celebri, instilli nei visitatori un supplemento di fede unitaria nella patria comune europea. Allo stesso modo in cui i sepolcri foscoliani sapevano accendere "a egregie cose" i visitatori, purché già dotati di "forte animo".