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I bambini entrano in cronaca quasi solo per la via del dolore

Umberto Folena sabato 8 ottobre 2022

Può essere utile e istruttivo, sui quotidiani, andare in cerca dei bambini. Dove li troviamo? (“Avvenire”, per di più con “Popotus” è caso a parte). La strage di bambini tra i due e i tre anni in una scuola dell’infanzia avviene lontano, in Thailandia. In Italia avrebbe occupato le pagine d’apertura; soltanto il “Corriere” (7/10) la richiama in prima, con una intera pagina interna in cui si legge del vano tentativo di «dare una spiegazione a ciò che è solo follia e male assoluto e nessuna razionalizzazione potrà mai aiutare ad accettare». Parole già scritte, parole già lette, parole che non consolano. I bambini passano quasi sempre per la via dolorosa della cronaca nera. Il “Corriere” (6/10) dedica due pagine ai minori svaniti nel nulla, 35 ogni giorno. Svanissero tutti assieme, nello stesso luogo e nello stesso momento diventerebbero evento da copertina e da talk show. Ma è uno stillicidio, disseminato nel territorio, e più della metà non sono più ritrovati. Casi molto diversi, scrive il “Corriere”: chi se ne va di casa per conto suo, chi scappa dai centri di accoglienza, chi viene rapito. Il fatto suscita l’interesse di Vittorio Feltri (“Libero”, 7/10), titolo: «C’è troppa gente che odia i bambini», che ne scrive in forma insolitamente sobria, dolente, lontana dalla consueta causticità: «Chi si batte per i diritti dell’infanzia se non qualche storica associazione a questa attività deputata?». Per Feltri, par di capire, manca una coscienza sociale della protezione: «Succede sempre la stessa cosa: un bimbo crepa trucidato dal babbo o dalla mamma e poi si scopre che i vicini sapevano, vedevano, sentivano, udivano, capivano, eppure se ne stavano beatamente zitti. Questa non è solamente indifferenza. È di più. Molto di più. È complicità». Se i bambini thailandesi sono lontani, figuriamoci quelli somali del corsivo del “Corriere” (6/10) che se piangono è buon segno, vuol dire che hanno ancora energia per versare lacrime. O quelli congolesi, ricordati da Alice Zago, unica italiana in forza alla Corte penale internazionale dell’Aia, intervistata da Stefano Lorenzetto (“Corriere”, 7/10). Abituata ai continui viaggi nell’orrore, confessa: «Ho pianto con i bambini soldato in Congo». La globalizzazione del mercato è compiuta da tempo. La globalizzazione del dolore è di là da venire.