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Ho messo il velo per la mia valle distrutta dal vento

Maria Romana De Gasperi sabato 3 novembre 2018
Scrivere, come mettere le mani sul piano, cercare un accordo, un tema musicale che si lasci ascoltare. Non so dove arriva, se si ferma qui o trova eco lontane. A volte penso sia utile a chi è solo, a chi vive in un paese senza prospettive interessanti, dove c'è un campanile, un giardino, due negozi e allora possa aprire, a chi legge, un orizzonte più largo e si senta in compagnia. Allo stesso modo, so immaginare chi ha una stanza in città, che cosa può essere una finestra sul deserto, tanto è pesante, nei giorni di festa, la solitudine. Allora scrivo per te che non hai nessuno, perché tu sappia che ti sono vicina, che posso comprendere i problemi che hai attorno e che sono disposta a sedermi accanto per raccontare. Ma come è difficile scegliere tra le notizie delle quali veniamo a conoscenza, quelle che possono portare una luce nuova alla nostra giornata. Suona il telefono. Rispondo e resto senza parole: «Una tempesta di vento, la notte scorsa, ha attraversato la piccola valle dove si trova, a mille metri, l'antica casa della mia famiglia». Un vento spaventoso era salito tra le rocce, aveva spento il sole mentre le nuvole grigie scivolavano basse sulle case, sui prati, piegando i boschi fino a terra e lasciando sulle strade piante divelte, rami folti di foglie autunnali che impedirono qualunque possibilità di soccorso. Le montagne guardavano immobili la distruzione sotto l'urlo del vento, quasi una vittoria su quella natura ricca di boschi eterni, di bacche rosse d'autunno, di cespugli che coprivano il nascere del funghi. Tutto venne distrutto nel furore e nella corsa veloce che sembrava gridare la sua vittoria abbattendo i larici, i pini, gli abeti, e il bellissimo bosco di faggi mentre dondolavano le foglie d'argento all'ultimo raggio del sole. Urlava la notte la sua paura mentre udiva lo schianto delle piante che cadevano una sull'altra. Quale demone stava passando per punire con la morte i piccoli fiori dei boschi, le felci innocenti, i larici che avevano già regalato al primo freddo d'inverno gli aghi sottili? La notte passava soffocando il sospiro dei caprioli e dei cervi che avevano cercato rifugio sotto la cresta delle montagne più alte dove il vento mortale non era salito. Poi il buio aveva coperto ogni cosa e nei paesi della valle più in basso tutti dormivano dopo avere chiuso porte e finestre a un tempo che sembrava minacciare tempesta. Di primo mattino il silenzio assoluto che sembrava scendere dalla valle alta fermò chi voleva preparare i due piccoli alberghi per la festa del Santi. La macchina non andava avanti e si dovette continuare a piedi superando massi di pietre ed enormi tronchi di alberi antichi che avevano conosciuto negli anni altre tempeste, ora caduti sotto la furia inconsueta di quel vento. Le case, viste dall'elicottero non avevano subito danni perché costruite con grandi vecchi sassi, dopo la prima guerra, ma ora non più coperte dai boschi, sembravano nascondere le nude mura con vergogna. Addio valle gentile, dal profumo antico di resina e di ciclamini. La distruzione dei tuoi antichi boschi mi fa mettere un velo nero sui miei capelli.