Rubriche

Gramellini, la parola è a senso unico

Andrea Fagioli martedì 6 ottobre 2020
Massimo Gramellini per molti è un appuntamento fisso la mattina con «Il caffè» sulla prima pagina del Corriere della Sera, una rubrica pungente e spesso divertente, segno che il popolare giornalista con le parole ci sa fare. Anche per questo conduce da cinque anni il programma Le parole delle settimana (il sabato alle 20,20 su Rai 3) ripartito ora con alcune novità tra cui la presenza fissa di Roberto Vecchioni in veste di enigmista e di Veronica Pivetti chiamata a commentare in modo semiserio l’attualità. Primi ospiti Paolo Mieli e Jonathan Bazzi, finalista al Premio Strega, con i quali Gramellini, partendo dalla parola croce, ha parlato soprattutto del Cimitero Flaminio a Roma dove sono sepolti i feti abortiti sotto a delle croci con il nome della mamma. È ovvio che senza il consenso della diretta interessata si tratta di un arbitrio da condannare. Ma è pure vero che la sepoltura dei feti è doverosa anche per combattere l’obbrobrio del «rifiuto ospedaliero». Il problema è che Gramellini ha ricondotto tutto a «un attacco al grande tema del diritto all’aborto», pillola abortiva compresa, coinvolgendo la filosofa Michela Marzano che in collegamento ha parlato di «volontà punitiva» nei confronti della mamma, mentre Mieli ha definito il tutto un «pasticcio in malafede» e Bazzi ha tirato in ballo l’«ideologia religiosa» e il «fondamentalismo». Quattro voci e tante parole a senso unico fra le quali ci poteva stare una parola pacata di segno diverso per un dibattito su un tema estremamente delicato. Poi si è parlato d’altro e per fortuna sono arrivati il confermato Saverio Raimondo, uno dei migliori comici su piazza, e un’altra novità di stagione: il venticinquenne critico d’arte Jacopo Veneziani che si è confrontato con una questione scivolosa come la Madonna seicentesca di Giovan Battista Salvi rielaborata con il volto di Chiara Ferragni. Veneziani ha dimostrato che nel corso dei secoli l’arte è sempre stata influenzata dalle influencer del momento, concludendo che quando un’opera fa parlare di sé significa che è ancora viva. A parte la tesi che si può discutere, il giovane critico ha dimostrato di essere un ottimo divulgatore e di avere il ritmo televisivo giusto per un «paroliere della bellezza».