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Gli italiani al volante prigionieri di un’errata percezione di sé

Umberto Folena giovedì 1 dicembre 2022
Apri il frigo e tra gli avanzi – spesso bistrattati, cibaglie destinate al cassonetto – trovi alcune prelibatezze ancora del tutto commestibili. Accade anche con Press Party: articoli spintonati fuori dalla pagina dall’urgenza o dalla prepotenza dell’attualità. Ci sono cose che già sapevamo: siamo «Egocentrici al volante» ci ricorda Paolo Baroni che sulla “Stampa” (21/11) riferisce della ricerca sugli stili di guida degli italiani commissionata dall’Anas. Se è vero che siamo come guidiamo, non ne usciamo benissimo. Codice della strada: «In una scala da 1 a 10, il giudizio su sé stessi oscilla tra un punteggio compreso tra l’8 (uso delle cinture da parte di tutti i passeggeri) e l’8,8 (uso delle frecce in caso di cambio di corsia)». Il giudizio sugli altri? Molto, molto meno benevolo: «Qui la percezione raccoglie consensi che vanno dal 5,1 relativo al rispetto dei limiti di velocità e al non uso del telefonino al 5,9 relativo alla non guida dopo aver bevuto alcolici o assunto sostanze. È una forma di distorsione percettiva, nota come self serving bias che si accentua in modo particolare nel contesto della guida, investendo il giudizio sulla totalità dei comportamenti». In effetti a non usare le frecce durante un sorpasso è il 54,1 per cento dei conducenti e il 77,7 per cento non rispetta la distanza di sicurezza. Altro che 8 in pagella. Presi dell’incalzare dell’attualità abbiamo lasciato in frigo anche il compleanno di Titti, «80 anni in fuga», come ricorda Massimo Panarari sulla “Stampa” (17/11). Come “Titti chi”? Titti il canarino invano braccato da gatto Silvestro. Soltanto gli ingenui li possono considerare semplici cartoni per fanciulli. Una «esegesi psicanalitica» e sociale rivela ben altro, ossia la critica a «quella logica darwiniana della selezione naturale che Titti riuscirà ben presto a rovesciare nel suo opposto, finendo sempre per prevalere e mettendo in ridicolo in suo cacciatore». Peccato che nella realtà quasi sempre i Silvestro facciano strame dei poveri (e delle povere) Titti. Ma la narrativa popolare, in parole o in immagini, appartiene al territorio del sogno, della fantasia, a volte dell’incubo, spesso del desiderio: dove può accadere che anche i rapaci Silvestro, per un’errata percezione di sé, si identifichino in Titti, tacitando la propria coscienza. © riproduzione riservata