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GLI ESAGERATI

Gianfranco Ravasi venerdì 15 luglio 2005
Gli adulatori sono abili lettori del pensiero. Ti dicono proprio quello che tu pensi. Alzi la mano chi, almeno una volta in vita, non si è lasciato incantare da una lusinga o da un apprezzamento, anche se evidentemente esagerato o enfatico. E, in senso contrario, chi nella vita non è mai ricorso all'incensamento o alla sviolinata per accaparrarsi il favore di una persona importante? Potremmo torcere il celebre motto di Voltaire sulla calunnia nel suo antipodo: «Lodate, lodate: qualcosa resterà!». Uno scrittore moralista francese del Settecento, il marchese Luc de Clapiers, osservava che «noi amiamo persino le lodi che sappiamo non essere sincere», tanto è dolce l'adulazione. Sopra ho, invece, citato una frase che lessi in un riquadro di motti e aforismi posti a suggello di un articolo sulla comunicazione. Là si diceva che questa osservazione è presente nella Storia d'Inghilterra del barone Thomas Babington Macaulay, politico e storico dell'Ottocento. Le sue sono parole sacrosante e dovremmo ripetercele quando ci sentiamo troppo celebrati ed esaltati, consapevoli che questo atteggiamento è stato da noi forse esercitato nei confronti di chi volevamo conquistare o imbonire. Certo, un po' di urbanità, di generosità e di fiducia infusa nell'interlocutore è una buona cosa. Ma la piaggeria, la prostrazione e la cortigianeria fino alla falsità e all'impudenza sono una malattia che infetta i rapporti sociali e non di rado anche quelli ecclesiastici. È necessario conservare dignità e sincerità, anche se qualche volta può costare in successo e popolarità.