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Giacomini, il sacerdote che raccontò la Chiesa

Gianni Gennari sabato 11 febbraio 2023
«Confratello d’Italia»: Girolamo Giacomini, un nome che dice poco all’opinione anche di Chiesa, ma tanto della vita e cultura, della Chiesa e dell’Italia di oggi. Lui nasce ad Ancona il 16 settembre 1913, ma la famiglia si trasferisce a Firenze quando scoppia la guerra del 1915. Nel 1919 il padre Ettore muore di Spagnola e alle Elementari Girolamo ha il privilegio di avere come maestro Piero Bargellini, grande intellettuale, e ricorda incantato il fascino delle sue lezioni: «3 o 4 ore immobili sul banco ad ascoltare»! E poi Don Alessandro Alessandri, che leggeva per tutti il teatro di Shakespeare… «Fu allora – ricorda Don Girolamo – che imparai a vivere la libertà». Erano i primi anni del fascismo, respinto sempre fino alla radice. Nel 1928 la famiglia è trasferita ad Arona (Novara). Lui cresce: frequenta e conosce in particolare don Carlo Berrini, teologo nel Seminario di Novara, e fa amicizia con la famiglia Torelli, dove impara il vero senso dell’antifascismo. La mamma muore il 19 febbraio del 1935. Lui è già in Seminario da qualche anno e il 29 giugno del 1937 è ordinato prete. Viceparroco a Galliate e assistente dell’associazione Gioventù di Cristo Re dove matura un’identità opposta ad ogni retorica, formalismo e autoritarismo, con indirizzo chiaramente antifascista. Nel 1940 è segretario diocesano dell’Azione Cattolica e incaricato di gestire i giornali della diocesi di Novara, di cui è a lungo direttore responsabile. Tutto cambia però l’8 settembre 1943: diventa cappellano delle formazioni partigiane fino alla fine della guerra. Da quel momento la sua presenza in diocesi di Novara è di carattere culturale e informativo: inventa il Cenacolo degli artisti, il Comitato per la Messa dell’artista e fa nascere un Circolo cinematografico. Nel 1958 si trasferisce a Santo Stefano di Pallanza come parroco: vi resterà fino al 1990. Sono gli anni fecondi del Post-Concilio e lui si fa promotore di una
pastorale, liturgia e catechesi nella luce del Vaticano II…Lontano millemiglia da ogni integralismo anti-conciliare, come quello tristemente capace per anni, e forse per qualcuno fino ad oggi, sintetizzato in 3 parole sul Vaticano II come «lo scatafascio del Concilio» (sic! Parola di uno che oggi si vorrebbe beato e santo!). C’è altro: don Girolamo organizza per anni anche “Corsi di approfondimento” teologico, iniziativa in anticipo evidentemente innovatore: basterà ricordare che tra i relatori si trovano Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Michele Do, Paolo Ricca, Rinaldo Fabris, Giuseppe Barbaglio, Armido Rizzi, teologi di orientamento decisamente postconciliare, dove anche dopo la sua morte si realizzeranno numerosissime attività sempre guardando avanti nella luce del Vangelo e del Concilio. Si succedono i Papi, diversi tra loro, come naturale. L’identità della Chiesa è garantita dallo Spirito Santo, la sua capacità di cambiamento per essere “presente” nel mondo che cambia, e mai solo custode di 1 realtà in ritardo è assicurata dalla “diversità” dei Successori di Pietro. Basterà, solo come esempio confrontare Pio IX, o anche Pio X con Paolo VI e con papa Francesco. Così nei secoli. Torniamo a don Girolamo: passano gli anni e lui “passa” da questa vita a quella eterna il 14 luglio del 1998. Cosa resta di lui? Tantissime cose, tra cui una preziosissima. Si tratta degli “Incontri di fine settimana”, gestiti da suoi discepoli creativi, che ogni giorno offrono una preziosissima “Rassegna Stampa”, che negli anni è un archivio di migliaia e migliaia di articoli di centinaia di giornalisti e teologi di orientamento filo conciliare, oggi particolarmente affini alla gestione della Chiesa da parte di papa Francesco. Una realtà a portata di tutti, giorno per giorno da 30 anni fino ad oggi. Si dirà che c’è “Avvenire”, ed è felice realtà di ogni giorno, ma sarebbe bello poter accedere a Rassegne stampa mirate. Doppio grazie perciò agli “Incontri di Fine Settimana”, e alla memoria di don Girolamo, più unico che mai. © riproduzione riservata