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Gesù profeta «straniero» in patria

Ermes Ronchi giovedì 2 luglio 2009
XIV Domenica
Tempo ordinario - Anno B

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d'intorno, insegnando.

Molti ascoltandolo rimanevano stupiti. La prima bella caratteristica del Gesù storico: non lascia indifferente nessun ascoltatore, dove lui passa fiorisce lo stupore. E molte domande: Marco ne registra cinque " il numero classico degli interrogativi in serie di cui trabocca la Bibbia ". Da dove gli vengono queste cose? Da dove questo amore straniero alla terra, queste parole aliene che qui sono in esilio?
Il profeta è straniero in patria perché le sue parole vengono da un mondo altro. Allora si apre il conflitto tra Nazaret e questo "altrove", tra il quotidiano e l'oltre. A Nazaret tutto dice: hai qui il tuo clan, una madre, fratelli e sorelle; questo è il mondo, non ce n'è un altro. Hai un lavoro, la sinagoga e il Libro, questo basta a dare senso alla vita. Cosa vai cercando con il cuore fra le nuvole?
E invece il giovane rabbi spiazzava figli e genitori, lavoratori e contabili: amate i vostri nemici; lascia i morti seppellire i loro morti, tu vieni e seguimi; felici i poveri, sono i principi del Regno; guardate i fiori del campo e non preoccupatevi; guai a voi farisei che imponete agli altri pesi che non toccate con un dito; se non diventerete come bambini...
Come gli abitanti di Nazaret, anche noi siamo una generazione che ha sprecato i suoi profeti, ha dissipato i suoi uomini di Dio. Come loro livelliamo tutto verso il basso: è solo un falegname, è il fratello di Ioses, lo conosco bene, conosco i suoi difetti uno per uno. Di un uomo cogliamo solo la linea d'ombra, e così ci precludiamo lo splendore di epifania del quotidiano, l'eterno che si insinua nell'istante e nella creatura. Salviamo almeno lo stupore!
Il brano si chiude con la sorpresa di Gesù, la meraviglia dolente dell'amante respinto che però continua ad amare, a inventare gesti, anche minimi, per dire che di noi non è stanco. E lì non poteva compiere nessun prodigio, dice Marco; ma subito si corregge: Solo impose le mani a pochi malati e li guarì. L'amore respinto continua ad amare, il Dio rifiutato si fa ancora guarigione.
L'amore non è stanco, è solo stupito; ma non nutre rancori. Già lo aveva capito Ezechiele, profeta di profezie respinte: ascoltino o non ascoltino, sapranno almeno che un profeta è in mezzo a loro. Dio ha deciso di farsi compagnia del suo popolo, ha deciso di essere nel quotidiano di ciascuno, oggi come in esilio e un giorno, forse già domani, come stupore, seme di fuoco in mezzo al cuore.
(Letture: Ezechiele 2,2-5; Salmo 122; 2 Corinzi 12,7-10; Marco 6,1-6)