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Genitori permissivi e figli fragili, due generazioni a confronto

Cesare Cavalleri mercoledì 21 novembre 2018
«Non le sembra che gli adolescenti siano cambiati rispetto alla mia generazione?», scrive Valentino, ormai autorevole preside di liceo e stimato critico d'arte, a don Carlo, suo vecchio professore. «Prima si raggiungeva la maturità contestando, lottando, abbattendo l'autorità, perché c'erano regole certe e accettate; la famiglia che non le imponeva ai figli, non faceva testo. Ora, invece, crescono senza regole. Sono consapevole che in gita sono sottoposti a norme più rigide che nella vita consueta. E questo non è causato dall'essere in gruppo, ma dal fatto che i genitori non sanno più non possono più impartire indicazioni certe e sicure. La mentalità comune li educa così». E ancora: «Perdendo il senso del dovere, hanno smarrito le coordinate della propria identità e sono diventati molto fragili e insicuri. I genitori, accontentandoli in tutto, impediscono loro di desiderare, di conquistare, di sperimentare sé stessi».
È in queste frasi, rivolte ai genitori, ai professori, ai giovani e agli adulti, la chiave del romanzo di Giuliano Ladolfi, L'orlo del tempo (Giuliano Ladolfi Editore, pagine 254, euro 15), che racconta in capitoli scanditi di decennio in decennio, dal 1968 al 2008, le vicende di alcuni ragazzi della provincia piemontese, con i loro amori, i loro desideri, i loro sogni destinati a infrangersi contro le asprezze della vita.
Si comincia con Valentino e Luisa. Il ragazzo è troppo sensibile, innamorato perso della bellissima Luisa dalla quale vorrebbe un impegno di amore «per sempre» che la ragazza non si sente di promettere. Infatti, gli preferirà Guido, lo sciupafemmine della compagnia, brillante, ricco, sfrontato. Per Valentino sarà una ferita che si rimarginerà soltanto con l'amore della moglie Giulia che gli ha dato Gabriele, un figlio bravissimo, esemplare.
Trent'anni dopo, ricomparirà Guido, lo spavaldo che prendeva in giro Valentino per la sua timidezza, e adesso è sul lastrico dopo aver sperperato il patrimonio paterno. È ridotto a chiedere a Valentino un aiuto per trovatore un lavoro alla propria moglie, in uno studio d'avvocato. Potrebbe essere una rivalsa per Valentino che però si accorge di quanto è difficile comprendere una persona: Guido gli fa capire che i suoi giovanili sfottò mascheravano l'ammirazione e l'invidia per lui.
Rispunterà anche Luisa, sempre bellissima, sposata con un Gianni che non le fa mancare nulla, anzi, la copre di regali, ma è di una superficialità disarmante. Luisa, che tuttora rilegge le poesie che Valentino le aveva dedicato, si rivolge all'ormai “preside” perché l'aiuti nell'educazione del figlio Andrea, che sembra avviato su una cattiva strada. Luisa scrive al preside lunghissime lettere in cui dice più di sé che del figlio, al quale Valentino fa ormai da padre: gli confida perfino un adulterio, e ben presto il preside capisce che tutto quel carteggio era in realtà un estremo tentativo di seduzione. Ma Valentino resisterà, per amore della moglie e anche perché si sente responsabile delle conseguenze delle proprie scelte.
Intanto, Gabriele e Andrea sono diventati amici e, durante una visita a don Carlo a Roma per il Giubileo del 2000, mentre aspettano il sacerdote che per un disguido non arriverà, scoprono le lettere che si erano scambiate i loro genitori, dimostrandosi, con sofferenza, più maturi di loro.
Il tutto precipita quando Gabriele, che era diventato sacerdote, muore improvvisamente, a ventisei anni. Valentino non se ne riavrà più. Di fronte a un dolore così grande, percepito come ingiusto e assurdo, anche la sua fede vacilla, e nemmeno don Carlo saprà dargli una spiegazione del problema del male, insondabile mistero.
Il romanzo si conclude con una cena fra ex compagni di liceo, tutti ormai invecchiati, con Luisa rattrappita dall'artrite. Soltanto Giulia saprà mantenere la sua dolce fortezza.
La scrittura di Ladolfi è limpida, con qualche impaccio nei dialoghi fra i giovani, e apre una finestra sulla vita di provincia, con le invidie, le ripicche, ma anche con la fedeltà alle amicizie adolescenziali che modellano il nostro Dna più di quanto saremmo disposti ad ammettere.