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Gelo e concorrenza straniera: l'agroalimentare rischia la deflazione

Andrea Zaghi domenica 1 aprile 2018
L'agricoltura italiana pare essere nuovamente nei guai. Certo, i primati dell'agroalimentare ci sono tutti. Ma il clima avverso s'è fatto sentire e le speculazioni ancora di più. Ad indicare quanto sia fragile l'equilibrio produttivo, e quindi economico, delle imprese agricole, sono due esempi che arrivano dalla cronaca di questi giorni: le stime degli effetti del gelo sugli olivi e la diminuzione dei prezzi dei prodotti registrata dall'Istat.
In controtendenza rispetto all'andamento generale dei prezzi, Istat ha rilevato il crollo delle quotazioni al consumo dei vegetali freschi, che hanno fatto registrare una diminuzione dell'8,9% rispetto allo scorso anno. Insomma, mentre per il resto l'economia l'inflazione è tornata a farsi sentire, per i campi si può con ragione parlare di deflazione. Con alcune situazioni molto gravi. Crollano i prezzi pagati agli agricoltori per i pomodori (-63%), i peperoni (-29%), i fagiolini (-25%), le patate (-19%). Per i coltivatori diretti le colpe sono chiare. «Sotto accusa – spiegano – sono le distorsioni lungo la filiera e le importazioni incontrollate dall'estero favorite spesso dagli accordi commerciali agevolati stipulati dall'Ue fortemente contestati anche perché nei Paesi di origine è spesso permesso l'uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera». La conclusione della Coldiretti è amara: «L'Italia è al vertice della sicurezza alimentare mondiale», ma i suoi prodotti vengono sottopagati.
Poi ci sono gli effetti del gelo che adesso iniziano ad essere stimati con più precisione. Secondo Unaprol, la più importante associazioni di olivicoltori presenti nel Paese, «dalle approfondite verifiche sui danni provocati dal gelo siberiano di fine febbraio è emersa una situazione estremamente grave e decisamente peggiore rispetto a quella prospettata dopo le prime stime di inizio marzo». Detto in parole semplici, rischiano danni gravissimi 25 milioni di ulivi. Detto in termini economici, già oggi il danno «supera i 120 milioni di euro, calcolando anche circa 4 milioni di giornate lavorative perse e l'indotto su tutta la filiera, a partire dal settore della trasformazione». E potrebbe aggravarsi visto che i danni potranno rivelarsi anche fra qualche settimana arrivando ad incidere tra il 15% e il 60% della produzione del prossimo anno. Da qui l'appello lanciato dai produttori per ottenere un sostegno attraverso il rifinanziamento del «piano olivicolo nazionale con l'obiettivo di salvaguardare il settore e garantire il reddito agli olivicoltori».