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Fraternità: slogan vuoto o invocazione di tutti?

Gianni Gennari mercoledì 13 gennaio 2010
«Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli». Auspicio solenne, lunedì, sulla fascia rossa de "L'Unità". Applausi, ma un po' condizionati. Infatti con firma e fonte significativa: «Voltaire, Trattato sulla tolleranza». «Fraternité» è stato uno dei tre ideali della Rivoluzione francese, che tuttavia sul tema non è stata sempre e comunque un bell'esempio. Capita anche con i grandi ideali: cristiani e cattolici lo sanno bene e in casa propria. E tuttavia proprio «fraternité» dice riferimento comune a un «padre», e magari a una «madre». Fermiamoci sul «padre». Chi è? E c'è, oggi, un padre comune? Forse qui un vuoto, un buco alla base di tanta storia e cronaca moderna. Mezzo secolo fa il sociologo Alexander Mitscherlich segnalò in un intero libro il rischio di un cammino «verso una società senza padre». Oggi sono in tanti a dire che è sparita la figura del padre e questo sta cambiando i connotati del mondo, a partire da quello giovanile, sempre più disorientato e senza indirizzo di vita, e anche da quello femminile, cui è venuto e viene a mancare troppo spesso «l'altro simile», ma non identico, in cui ri-conoscersi e con cui costruire un futuro per due e aperto a uno o più «terzi». Già, «terzo escluso»: non nella logica antica, però, ma nella vita moderna. E Malpelo pensa al recente convegno, un po' snobbato da tante pagine, anche da "L'Unità" & tanti Co., che aveva come tema la provocazione: «Con Dio o senza Dio, tutto cambia». E ieri ("Zenit.org") leggo il missionario p. Piero Gheddo davvero fraterno su Indro Montanelli che si sentiva «solo» e «cercava» Dio. Sì, fraternità!