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Franco Rodano vent'anni di grato ricordo

Gianni Gennari mercoledì 23 luglio 2003
Lupus in licenza, come non avesse pseudonimo. Vent'anni dalla morte di Franco Rodano. Ieri sul "Manifesto" Valentino Parlato, distante ed agrodolce: "L'utopia di Rodano". Nei giorni precedenti su questo giornale Massimo De Angelis aveva trattato del suo pensiero politico e filosofico. "L'Unità" di lunedì, prima pagina e due intere all'interno, quattro articoli. Il card. Achille Silvestrini elogia "l'uomo di grande fede", e il figlio Giaime ne difende l'umanità serena: "Non era austero, aveva la passione per la vita". Ottimo, e lì un po' risarcitorio. Qui conferma sulla fede e passione per la vita. Quindici anni di conoscenza vera alla luce semplice delle ricorrenze liturgiche della vita cristiana comune. Al di là e al di sopra di tutto si sentiva la sua fede in Cristo e la sua fedeltà - libera e responsabile anche quando difficile - alla Chiesa cattolica. Vero credente e vero laico, senza confusione alcuna. Ai preti chiedeva di essere preti, ai teologi di essere teologi, alla Chiesa di essere Chiesa. Si interessava di teologia autentica: grazia e libertà, natura e soprannatura, peccato originale e colpe personali, Chiesa della fede e Chiesa della storia, infallibilità dottrinale e limiti/errori nella vita storica della comunità, insegnamenti sociali e verità eterne"Ha messo insieme libertà vera e obbedienza cristiana, anche in condizioni di sofferenza personale vissuta con limpida coerenza. Per lui hanno coniato un aggettivo spesso usato come insulto, "cattocomunista". Così è un ossimoro, e una contraddizione in termini. E lui contraddittorio non lo è mai stato, nel suo pensiero e nella sua vita, fino alla fine. Il ricordo è grato.