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Fra israeliani e palestinesi conoscersi cambia la storia

Alfonso Berardinelli venerdì 29 marzo 2024
Benché sia una rivista con la quale collaboro, mi sono dedicato solo ora, con quasi un mese di ritardo, a leggere il numero di febbraio di “Una città”. In questo periodo di guerre, atrocità, odio, terrorismi di vario tipo e crescente disumanità dei comportamenti e nel modo di pensare (indifferenza, futilità, faziosità, gusto cieco della sopraffazione) ci si accosta con sorpresa e sollievo alle diverse interviste pubblicate a proposito di dialogo e di associazioni fra israeliani e palestinesi «che hanno subito un lutto per mano dell’altra parte». Gruppi come “Parents circle” e “Combatants for peace” che hanno deciso con determinazione e coraggio esemplari di superare l’odio e lo spirito di vendetta perché solo così, incontrandosi e ragionando insieme, i palestinesi e gli israeliani più drammaticamente colpiti dal conflitto possono proporre, in pratica e fin da subito, un modo eroicamente realistico di andare incontro al futuro rendendolo vivibile. L’intervista di apertura è con il palestinese Bassam Aramin che ha trascorso sette anni in un carcere israeliano per il suo ruolo nella resistenza palestinese e che nel 2007 ha perso sua figlia Abir di dieci anni uccisa da un soldato israeliano. In carcere Bassam aveva visto un film sulla Shoah e quella visione lo aveva a tal punto segnato che anni dopo aveva studiato e conseguito un master sui campi di sterminio nazisti. Da allora era diventato un militante pacifista, seguito più tardi, dopo lunga riluttanza, da sua moglie e suo figlio, a cui era riuscito a far capire che i desideri di vendetta reciproca andavano eliminati dialogando con i nemici a loro volta in lutto. Da quella intervista ecco una frase: «Siamo destinati a condividere questa terra con uno o due stati, altrimenti con due enormi tombe per i nostri figli». E nella successiva intervista a Robi Damelin, israeliana dal 1967, si legge: «Molti genitori muoiono insieme ai figli... io ho deciso che avrei dedicato la mia vita a fare educazione alla pace». E questo nella convinzione che se si vuole la stabilità e la sicurezza si deve fare pace con i palestinesi e i palestinesi con gli israeliani. © riproduzione riservata