Rubriche

Filippo Neri e quel segno lasciato su Roma

Gianni Gennari sabato 2 luglio 2022
Nato nel 1515 a Firenze, ma presto “romano” d'adozione e di vita fino alla morte, che per san Filippo Neri arrivò nel 1595: “Pippo 'bbono” ancora oggi per il popolo di Roma. Si muove nella città a cavallo tra i due Giubilei del 1550 e del 1575: impressionato dalla folla dei pellegrini, che arrivano e restano per le strade senza protezione e con tanti rischi, fonda presso la chiesetta della Trinità la Confraternita dei Pellegrini, in particolare per quelli poveri e abbandonati, pellegrini per tutta la vita. Oggi li chiamerebbero homeless, o barboni: Filippo li chiama amici. Poveri e giovani sono la sua scelta di vita. Fonda la Congregazione dell'Oratorio: assistenza, istruzione, passatempo, pedagogia, spiritualità, cultura. Un intero quartiere di Roma porta il suo segno fino ad oggi. Trinità dei Pellegrini, San Giovanni dei Fiorentini, Chiesa Nuova, San Girolamo della Carità: tra via Giulia e via dei Banchi vecchi. Non si pavoneggia mai come “fondatore”: lezione nei secoli non molto in voga, parrebbe. Organizza pellegrinaggi, gite e scampagnate fuori porta, e per il Giubileo fa aggiungere altre 3 chiese alle 4 basiliche: Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo e San Sebastiano fuori le mura. Nascono così “le Sette Chiese”: celebre catena di pietà romana fino ad oggi. Predica, organizza, confessa nobili e poveracci, porta i ragazzini in gita culturale e spirituale, gioca con loro, e per loro conia il celebre motto: “State 'bboni, se potete”. Consiglia i Papi e i principi, ma non entra mai a corte di nessuno. Gli dicono che il Papa, impressionato dalla sua fama di santità e di saggezza, lo vuole fare cardinale, suo consigliere, e sta mandando un illustre prelato a visitarlo: si fa trovare che gioca a palla nel cortile con i ragazzini, e quello scappa via scandalizzato e deluso. Lui se la ride, e continua la sua vita. Gira per Roma in cerca dei poveri con fra' Felice da Cantalice, è amico di Carlo Borromeo, Giuseppe Calasanzio, Ignazio di Loyola, Francesco Borgia, Camillo De Lellis: tutti santi. Un ciclone di inventiva e forza spirituale. Lo accompagna la simpatia della gente, e la leggenda popolare: raccontano dell'arancio piantato con le mani sulla pietra e presto fiorito, delle estasi durante la Messa, delle prediche infiammate, ma mai retoriche e vuote, mai moralistiche e punitive. Un clown di Gesù Cristo capace di cultura e organizzazione: la modernità con l'aureola. A Roma dopo quasi due secoli, Goethe trova ancora le sue tracce vive nel ricordo dei luoghi e della gente. Allegria, con lo spiritaccio fiorentino che fa sorridere persino in Paradiso. Insomma: un vero “prete di strada” in anticipo di qualche secolo. In questi giorni nasce l'Osservatore di strada. Ottimo: vale anche per Filippo, ma certo uno come lui non osservava soltanto. Osservando non si cambia il mondo. A meno che non si aggiunga i1 comando della “fede che opera attraverso la carità”. San Filippo non ha fatto altro. Del resto questo è il comando di Colui che ha veramente “fondato” la sua Chiesa su quella “Roccia” che da 20 secoli è stata di Cristo, ma anche dei profeti e dei santi, “preti di strada” compresi. Filippo: un bel santo davvero!