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«Fabbrica a cielo aperto» Ma intervenire si può

Andrea Zaghi domenica 19 maggio 2019
Acqua, croce e delizia dei campi d'Italia. E non può che essere così, visto che – al di là delle grandi innovazioni tecnologiche –, proprio dall'acqua dipende una buona parte delle sorti della produzione agroalimentare nazionale. Per capire meglio, basta pensare non solo al divario enorme che esiste ancora oggi fra il valore dei terreni irrigui e non irrigui, ma anche ai danni che l'acqua mal gestita può causare (e non solo alle produzioni agricole).
L'ondata di maltempo fuori stagione, ha fatto notare Coldiretti, ha infatti «devastato le aziende agricole» dove spesso è andato perso un intero anno di lavoro. A conti fatti (fino ad oggi), l'ammontare dei danni pare sia già arrivato ad oltrepassare i dieci milioni di euro, tanto che in molte regioni sono state avviate le procedure per la dichiarazione dello stato di calamità. Sono le conseguenze della natura di «fabbrica a cielo aperto» dell'agricoltura. Una situazione alla quale, per alcuni aspetti, è possibile rispondere con gli accorgimenti tecnici e con le assicurazioni, ma che, per altri, è tale oggi come cento anni fa. Non tutte le responsabilità della non-gestione delle acque vanno poi addossate all'agricoltura. E tutto questo anche se dell'importanza del governo delle acque (come si diceva una volta), tutti se ne rendono conto. Qualcosa in questi ultimi tempi è in effetti stato fatto, ma servono ulteriori investimenti oltre che una continua opera di informazione e di sensibilizzazione. Ha ragione quindi l'Anbi (l'Associazione nazionale dei consorzi di bonifica), il cui presidente, Francesco Vincenzi, in occasione della settimana della bonifica e dell'irrigazione ha parlato della necessità di far tornare l'acqua e dell'agricoltura «al centro di un nuovo modello di sviluppo per il Paese. Le risorse idriche – ha detto ancora –, vanno gestite anche per garantire la bellezza di un territorio invidiato nel mondo». Così come ha ragione anche il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, che ha aggiunto: «Non ci si può fermare alla conta dei danni. La gestione dell'acqua è un tema centrale nell'interesse generale; va immagazzinata, attraverso nuovi invasi, non solo per l'agricoltura, ma anche per usi ambientali, energetici, industriali, turistici finanche, in caso di necessità, alimentari. Da troppi anni parliamo di difesa del suolo, ma la legge contro il suo eccessivo consumo è ancora ferma in Parlamento». Forse allora il problema da risolvere è sempre lo stesso: avere gli strumenti per fare.