Rubriche

Ecco il futuro

Giovanni Lindo Ferretti martedì 31 marzo 2015
Un giovane fotografo, Andrea Angione, mi ha proposto di posare per uno scatto in una sua personale ricerca iniziata ricostruendo dipinti come set fotografici: la luce, i corpi, la composizione. È Caravaggio a dipingere la luce per dar corpo alle cose e animare i soggetti, a comporre uno sguardo che prefigura la fotografia. Quattrocento anni dopo, anneganti in un flusso di immagini, tra la pretesa di mappare la realtà in diretta e l'incubo di reinventarla a uso e consumo si perde il senso del vivere e dell'arte. Ne resta necessità, tanto bisogno etico che estetico. La mancanza incentiva la ricerca ma è il kitsch a permeare il secolo breve e il post, dalle avanguardie alle derive pop: presunzione, banalità, cattivo gusto confluenti in un sentimentalismo emotivo e moralista. Una palude che costringe al piattume, risucchiando in basso.«Ciò che è stato provato e sperimentato è destinato a ricomparire nel kitsch» sentenzia il critico: non mi spaventa. Non mi spaventa vivere. Ci siamo misurati con Caravaggio: "la caduta" e "la conversione" di Saulo, per la pregnanza delle parole e la presenza determinante del cavallo. Scrivo l'ultima rubrica con davanti la prima prova stampa, è il manifesto dei giorni a venire. Ora et labora, lege; non è il passato, è il futuro. Buona Pasqua.