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E il treno magiaro fermò in una città folle come un circo Barnum

Cesare Cavalleri mercoledì 29 agosto 2018
László Krasznahorkai, autore di Melancolia della resistenza (Bompiani, pagine 352, euro 20), non conosce il punto e a capo. La narrazione, scandita in soli tre capitoli (Introduzione, da p. 7 a p. 75; Svolgimento, da p. 77 a p. 309; Deduzione, da p. 311 alla fine), esonda in gorghi di coordinate e subordinate dai quali emergono a fatica perfino lettori professionali come lo scrivente. Si può solo immaginare (e ammirare) il sudore dei traduttori Dóra Mészros e Bruno Ventavoli.
Il romanzo di Krasznahorkai, che l'editore presenta come «il più importante scrittore ungherese vivente» (da ora in poi abbrevieremo in Krasz. l'impronunciabile cognome), si apre con la peripezia ferroviaria della signora Pflaum: treno orrendamente in ritardo, passeggeri volgari, puzzolenti, e quel tizio libidinoso, con un lercio cappotto di panno, che l'ha presa di mira.
Non sono fornite coordinate temporali: siamo in una cittadina qualsiasi, in un anno qualsiasi ma abbastanza ravvicinato. La signora Pflaum, come personaggio, viene abbandonata quasi subito, non prima però che Krasz. ci faccia sapere che è vedova di due mariti e che ha cacciato di casa Valuska, il figlio trentenne avuto dal primo marito, sognatore nullafacente (anche se postino di giornali), zimbello dei bettolieri che per l'ennesima volta gli fanno raccontare la sua scombiccherata teoria cosmologica.
Strane cose stanno succedendo in città: la torre dell'acquedotto ha preso a oscillare, improvvisi blackout dei lampioni stradali… tutto sembra catalizzato dall'arrivo di un circo con l'ingombrante baracca che contiene una balena imbalsamata. Ma non è la balena il problema: lo è un misterioso Principe che il direttore del Circo non riesce a tenere a bada, un essere inquietante e cattivissimo, che nessuno ha veduto, una specie di Sarchiapone come nel famoso sketch di Walter Chiari, che però non fa ridere. Anzi, una numerosa schiera di delinquenti, che sembrerebbero agli ordini del Principe, mette a soqquadro la città, uccide, stupra, distrugge. L'intervento dell'esercito riporta una parvenza di ordine, e la città finisce per essere governata dalla disinibita e arrivista signora Eszter, col suo programma Casa ordinata, cortile pulito.
Ma l'incursione dei devastatori ha provocato altre catastrofi. Il signor Eszter (niente a che fare con la sua stolida moglie, da cui è separato da anni), già direttore del Conservatorio, che viveva in un mondo inverosimile e fantastico come la scala musicale alternativa da lui elaborata, riscopre la realtà convincendosi però che il mondo è governato solo dalle forze del male. E la vittima più colpita è il mite Valuska, convinto dall'ineluttabilità della violenza, tanto da partecipare alla furia feroce dei distruttori. Questa la sua palingenesi, il suo risveglio «come al cinema quando accendono le luci in sala»: «Ormai anche lui sapeva che "Dio non esiste e nemmeno l'inferno", perché non si può invocare nulla oltre a ciò che esiste, sapeva che, solo il male possiede una spiegazione, il bene no, ecco perché non era "né il bene né il male" a dirigere il mondo, bensì una legge totalmente diversa, quella del più forte, "e quando il più forte trionfa, detta lui le regole"». Finirà in manicomio, assistito dall'amicizia del signor Eszter.
Così pur frettolosamente riassunto, il romanzo di Krasz. sembrerebbe avere una certa coerenza, peraltro assente nell'originale, ambizioso e schiantato come l'Horcynus Orca di Stefano d'Arrigo (1975), il romanzo più illeggibile della letteratura italiana del Novecento.
L'illustrazione di copertina (Brad Holland) presenta una balena verticale che sembra dipinta da Buzzati. In effetti, il tema della prevalenza del male è alquanto buzzatiano, ma il grande Dino l'avrebbe condensato in un racconto di dieci pagine, con un finale meno disperante.