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Don Santoro prete martire tra Roma e Trebisonda

Gianni Gennari sabato 13 agosto 2022
Vero “martire”, testimone col suo vero sangue di Gesù Salvatore dell'universo: don Andrea Santoro è un dono unico che la Provvidenza ha fatto alla Chiesa, e a quella di Roma in particolare. Nato nel 1945 a Priverno, in Ciociaria, famiglia operaia e due sorelle, manifesta presto il desiderio di essere prete ed entra al Seminario Romano minore: anni di formazione culturale di prim'ordine, poi studi di teologia presso la Pontificia Università Lateranense. È ordinato prete il 18 ottobre 1970, e il suo ministero fin dall'inizio è in parrocchie di periferia, accostando tutti a cominciare dai più poveri ed emarginati. Particolare sua attenzione fu per le Chiese d'Oriente, e così frequentò il Pontificio Istituto di Studi arabi ed islamistica e nel 1980 fu ospite di istituti religiosi in Oriente, affascinato delle narrazioni bibliche e in particolare dall'esempio spirituale e operativo di Charles de Foucauld. Tornò a Roma nel 1981 e fu vice parroco nella parrocchia di Monteverde, dedicata alla Trasfigurazione, guidata con grande saggezza ed energia, alla luce del Concilio e della fraternità cristiana verso poveri ed emarginati, da don Viscardo Lauro. Lì si vissero momenti di grande accoglienza per tutti, in particolare le “Madri di piazza di Maggio”, i cui mariti e figli sono stati martiri della libertà in Argentina, e che furono condotte fino all'incontro rimasto memorabile con Giovanni Paolo II che all'Angelus domenicale volle salutarle in piazza e ricordò le stragi di tutte le dittature, in primo luogo quella vissuta da loro. Taceva molto, don Andrea, e ascoltava molto di più, ma quando diceva la sua era manifesto il rispetto per l'interlocutore, anche la preziosità del contributo che le sue parole portavano. Dopo il periodo alla Trasfigurazione gli giunse l'incarico di costituire la nuova parrocchia di Gesù di Nazaret, ove rimase parroco per parecchi anni, amato da tutti, particolarmente dagli ultimi. Continuava frattanto il fascino dell'Oriente, e dal 25 settembre 1993 poté essere pellegrino in Terra Santa, poi in Turchia, Siria e Libano. Ovvio che in diocesi si cercò di trattenerlo, come ricchezza per tanti, e arrivò l'incarico di parroco ai Santi Fabiano e Venanzio al Tuscolano. Ma contemporaneamente ci fu nei suoi confronti una richiesta dal vicario apostolico dell'Anatolia, il cappuccino Ruggero Franceschini, perché potesse partire per la Turchia come prete “regalato” dalla diocesi di Roma alla Chiesa locale in Turchia. Prima di partire lui, con l'aiuto attivo delle due sorelle, preparò il risveglio di una comunità cattolica a Trebisonda, e nel 2000 vi si trasferì, in un ex convento dei cappuccini, aprendolo come chiesa a tutti coloro che la visitavano, la grandissima maggioranza dei quali non aveva alcuna conoscenza della fede cristiana. Ovviamente nelle comunità islamiche la realtà attiva e generosissima della presenza sua e della piccola comunità di cattolici dava fastidio a tanti, anche violenti fanatici, e ci furono diverse manifestazioni di intolleranza nei confronti della Chiesa cattolica, e anche suoi per le attività apostoliche: profanazioni varie e minacce sempre più violente. Non si spaventava don Andrea, ma purtroppo c'erano anche altri che non ebbero spavento, e nel pomeriggio di domenica 5 febbraio 2006 ci fu in chiesa un'irruzione di tre ragazzi che dopo averlo provocato si allontanarono. Don Andrea restò in chiesa da solo, volle che si allontanasse anche il suo aiutante, quasi prevedesse ciò che stava per succedere. A quel punto qualcuno gli andò alle spalle e sparò due colpi di pistola gridando “Allah è grande!”. Aveva in mano il Vangelo don Andrea, e un proiettile trapassò il suo corpo e lasciò il segno anche sul libro. Un vero e proprio “martirio”, in Turchia dimenticato da tutti e rimasto totalmente impunito. Questi i fatti fino ad oggi. Ma lui…Chi è stato veramente? Alla prossima!