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Discepoli nei fatti, non a parole

Ermes Ronchi giovedì 25 settembre 2008
XXVI domenica
Tempo ordinario - Anno A

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: "Figlio, oggi va' a lavorare nella vigna". Ed egli rispose: "Non ne ho voglia". Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: "Sì, signore". Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

«Un uomo aveva due figli», e si potrebbe tradurre così: un uomo aveva due cuori. Siamo tutti così, contradditori e incerti, con due cuori: uno che dice sì e uno che lo contraddice. Abbiamo tutti due anime: quella dell'apparire e del fingere per gli altri, e quella dell'essere veri anche se nessuno vede e sa.
Non si illude Gesù. Conosce bene come siamo fatti: non esiste un terzo figlio ideale, in cui senza contraddizioni avvenga l'incontro perfetto del dire e del fare. Così noi: cristiani solo a parole o con i fatti?
Primo attore della breve parabola è il padre, che va' verso i suoi figli, si fa vicino, li cerca, chiede loro di lavorare in una vigna che non dice «mia», ma sottintende «nostra», che al rifiuto non si scandalizza e non si deprime.
C'è poi un figlio vivo e reattivo, impulsivo, che prima di aderire a suo padre prova il bisogno imperioso, vitale, di fronteggiarlo, di misurarsi con lui, di contraddirlo, che non ha nulla di servile, libero da sudditanze e da paure.
L'altro figlio, che dice e non fa, è invece un adolescente immaturo, che si accontenta di apparire, cui importa non la verità e la coerenza ma il giudizio degli altri.
Qualcosa poi accade e viene a disarmare il rifiuto del figlio che ha detto no.
Tutto in una parola: "si pentì", cioè "cambiò il modo di vedere" il padre e il lavoro.
Il padre non è più il padre-padrone cui obbedire o cui ribellarsi, ma colui che progetta il bene della casa, che non ha bisogno di lavoratori ma di figli. La vigna è più che fatica e sudore, diventa il luogo dove, nel vino, è racchiusa una profezia di gioia e di festa per tutta la casa.
La differenza decisiva tra i due ragazzi: uno diventa figlio e coinvolto, l'altro rimane un servo esecutore di ordini. Chi dei due ha fatto la volontà del padre? È il passaggio centrale: volontà di Dio non è mettere alla prova l'obbedienza o la coerenza dei figli, è invece una vigna dai grappoli colmi di sole e di miele. Il suo progetto, suo e mio, si realizza nei frutti buoni che ognuno può portare per la vita del mondo.
Ciò che Dio sogna non è l'obbedienza o la fatica, ma far maturare la vigna della storia. Se agisci così fai vivere te stesso, dice il profeta Ezechiele nella I lettura, fai viva la tua vita! E il vangelo si diffonderà a partire da tutte le piccole vigne nascoste, dove ciascuno si impegna a rendere meno arida la terra, meno soli gli uomini, meno contraddittorio il cuore.
(Letture: Ezechiele 18,25-28; Salmo 23; Filippesi 2,1-11; Matteo 21,28-32)