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Dentro le indagini del capitano Ultimo

Andrea Fagioli mercoledì 21 ottobre 2020
ICarabinieri sembrano dare un contributo significativo al palinsesto di Nove, l’emittente del gruppo Discovery Italia. Dopo Avamposti, la serie di documentari sulle imprese dell’Arma in difesa del territorio, ecco ora Ultimo, il Capitano, due puntate (domenica e lunedì alle 21,25) sul carabiniere che con la sua squadra nel 1993 catturò il boss dei boss, Totò Riina. Anche se, va detto, Sergio De Caprio, nome in codice Ultimo, ha avuto con i suoi superiori rapporti alterni. Oltremodo stimato dal generale Mario Mori, a suo tempo comandante dei Ros (per lui De Caprio era il migliore di tutta l’Arma), osteggiato e demansionato dai successori. È anche vero che Ultimo è sempre stato un personaggio sopra le righe, che ha vissuto il suo lavoro con la spinta dell’adrenalina. Ma ciò non toglie che con la sua Unità militare combattente denominata Crimor abbia ottenuto risultati molto importanti nella lotta alla mafia tanto da essere stato più volte condannato a morte da Cosa nostra e di dover presentarsi in pubblico ancora con il viso coperto. Le due puntate di Ultimo, il Capitano (scritte da Giovanni Filippetto e Antonio Plescia, dirette da Graziano Conversano e ora visibili su Dplay Plus), raccontano ascesa e caduta di quest’uomo che oggi, alle soglie dei sessant’anni (è nato a Montevarchi in provincia di Arezzo nel 1961), gestisce una casa–famiglia per minori in difficoltà da lui fondata alla periferia di Roma e si dedica alla cura di aquile e falchi, retaggio di un incontro per lui molto significativo con un capo Apache. Anche per questo De Caprio si presenta nell’intervista con una penna d’aquila alla giacca e un rosario al collo, a conferma dell’originalità del personaggio. Ma la cosa più interessante della miniserie di Nove, a parte qualche lungaggine, è il racconto delle strategie investigative, dei pedinamenti, delle intercettazioni e degli arresti compiuti da Ultimo e dai suoi colleghi attraverso immagini originali, materiale di repertorio, ricostruzioni fiction e interviste ai membri della squadra (Vichingo, Arciere, Ombra, Daygoro...), tutti a volto rigorosamente coperto, che allora indicavano anche Totò Riina con un nome in codice non certo identificabile: Sbirulino.