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De Rita-Galdo, la crisi e «il popolo della sabbia»

Cesare Cavalleri mercoledì 12 febbraio 2014
Nella prima pagina del nuovo libro di Giuseppe De Rita e Antonio Galdo, Il popolo e gli dei. Così la Grande Crisi ha separato gli italiani (Laterza, pp. 112, euro 14), si legge: «Alla domanda su chi detiene il potere reale nel nostro Paese, gli italiani rispondono così: il 57 per cento indica il governo nazionale; il 22,5 per cento l'Unione europea; il 22 per cento i mercati finanziari internazionali; il 20 per cento le regioni e quasi il 13 per cento gli organismi internazionali economici e finanziari». Per un riflesso condizionato che viene dal mio passato di docente di statistica, ogni volta che vedo delle percentuali non posso fare a meno di verificare che la loro somma sia 100. Ebbene, la somma delle percentuali sopra riportate fa 134,5: mi perdonino i due Autori, non è un bel biglietto di visita, per un saggio socio-economico-politico. Doppie risposte con sovrapposizioni non specificate? Bisognava specificarle. Errori di stampa? Ma le bozze bisogna correggerle bene.Tuttavia, se si prosegue nella lettura e si finge di non vedere che a pagina 14 c'è un balbuziente «si era spinto si era spinto», si imparano parecchie cose.Cominciamo dal titolo. Gli dèi (sarebbe meglio segnare l'accento) sono i dirigenti, cioè i politici, i manager, i grandi burocrati, coloro, insomma, che manovrano le leve del potere, che il popolo, sempre meno sovrano e sempre più suddito, percepisce come sempre più lontani da sé.La famiglia, l'impresa, il territorio, secondo gli Autori, sono i piccoli spazi in cui è possibile esercitare una microsovranità, a cui si aggiunge la microsovranità attraverso il web. Ma queste microsovranità «non fanno sistema, non contribuiscono a creare i livelli intermedi delle gerarchie del potere, non formano l'impalcatura, l'architettura, le connessioni di una società che sente la frustrazione della sua irrilevanza».Dove trovare lo spazio istituzionale e politico perché gli italiani possano recuperare sovranità e sentirsi più cittadini e meno sudditi? Di primo acchito si pensa all'Europa, ma il realismo degli Autori è implacabile nel denunciare le insufficienze (economiche, politiche, istituzionali) dell'Unione europea ed è inutile elencarle qui, perché l'avanzata dell'euroscetticismo di cui tutti abbiamo sensazione ne è l'evidente conseguenza.Il vero problema è l'assenza di un'élite responsabile ed efficiente. In momenti cruciali della nostra storia, ricordano gli Autori, le élite tecnocratiche hanno avuto un ruolo essenziale. Nell'immediato dopoguerra un gruppo di tecnici cresciti all'ombra di Alberto Beneduce (Cuccia, Mattioli, Menichella, Paronetto, Saraceno) hanno tracciato le linee del progresso industriale, del commercio internazionale, dello sviluppo del Mezzogiorno, guidando i partiti politici senza farlo parere; con il crollo della Prima Repubblica (1992-1995) i governi Amato, Ciampi, Dini, con ministri di valore, hanno giocato la partita all'interno della politica, offrendo al Paese il traguardo dell'unificazione europea non solo monetaria; nella bufera monetaria del 2011, è stata la volta del governo Monti, sostenuta da un'élite «scollegata dal popolo che governava in virtù di un commissariamento temporaneo della politica, e incapace di dare un orizzonte in termini di emozioni collettive e di futuro». L'austerità, pur necessaria, non è la soluzione dei problemi: solo la ripresa dello sviluppo, con la mobilitazione concorde di tutti gli attori sociali, può colmare il distacco tra il popolo e gli dèi.Risposte definitive gli Autori non ne danno, e non le si può pretendere da loro. Pur segnalando confortanti segnali di ripresa, come le piccole aziende dirette da immigrati, le nuove imprese innovative impiantate da giovani sotto i 35 anni, le nuove possibilità dell'occupazione femminile, gli Autori sono cautamente pessimisti o prudentemente ottimisti. Con la sua ben nota capacità di inventare parole nuove, De Rita definisce gli italiani come «il popolo della sabbia», che il vento modula in colline, per poi spianarle o magari soffiar via tutto: «Ritrovare ciò che unisce e trasforma i granelli di sabbia in mattoni richiederà tempo». Ma bisognerà anche definire che cos'è il vento, qual è la sua direzione e quale la sua forza.