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Dalle tasse al virus immuni da che cosa?

Umberto Folena domenica 19 luglio 2020
Immune è una parolina che evoca desideri e rimpianti. Ah, se fossi immune! In gioco c'è sempre la salute: la salute fisica e, in passato, soprattutto la salute economica e finanziaria. Immune deriva infatti dal latino munus, vocabolo dalle potenzialità e dalle evoluzioni insospettabili.
Munus significa "obbligo". Essere una comunità, ad esempio, comporta avere un "obbligo comune" con altri, condividere valori e impegni, assolvere a un compito che riguarda tutti. Qui munus unisce e perfino crea fratellanza. Ma nella versione oggi più frequente, immune, significa l'esatto opposto: essere esente da un obbligo. In origine, quando la scienza medica era agli albori, ma l'arte di arricchirsi era già raffinatissima, il cittadino immune era esente dal pagamento dei contributi. Naturalmente, non veniva esentato chi fosse povero, miserabile, morto di fame, ma chi era straricco e usava il denaro, elargito al fine di accrescere fama e potere, per conquistarsi l'incomparabile privilegio di aggirare l'obbligo di pagare i tributi, in un tempo in cui il Liechtenstein, le Isole Cayman e i commercialisti ancora non esistevano.
È possibile che oggi gli straricchi ricorrano ad altri mezzi, non sempre leciti, per evitare il munus. Da sempre, la capacità di aggirarlo è oggetto non di esecrazione sociale, come dovrebbe, semmai l'opposto: ammirazione incondizionata. Ah, fossimo immuni pure noi!
Fin qui, l'immunità è appannaggio di ricchi angosciati dalla prospettiva di non poter diventare ancora più ricchi. Un incubo davvero terribile, meritevole di tutta la nostra solidarietà. Voteremmo volentieri per costoro, se l'unico modo per salvaguardare l'intero loro gruzzolo miliardario fosse vincere le elezioni; e sappiamo bene che il denaro non ricopre ruolo alcuno in una libera e democratica votazione, in cui poveri e ricchi corrono assolutamente alla pari. A quel punto scatterebbe l'immunità parlamentare, da molti considerata un iniquo privilegio ma, attenzione, occorre comprendere perché fu istituita. Accadeva in Italia, in tempi deprecabili, che un politico tanto poco riconoscente da avanzare critiche, pure aspre, nei confronti del capo, comandante o leader della nazione che dir si voglia, finisse nei guai grossi. Il metodo migliore per scoraggiarlo era bastonarlo prima che fosse eletto; una volta eletto, attenzione a non bastonarlo troppo perché pare che certi oppositori abbiano le ossa fragili e il sistema immunitario (ci risiamo) pure, non sapendo contrastare il veleno. Insomma, l'immunità serve soprattutto a evitare che un oppositore possa essere sbattuto in tribunale, in galera, al confino o nella tomba in modo sbrigativo.
C'è poi l'immunità diplomatica, che serve innanzitutto ai servizi segreti ma possiede una sua utilità indubbia, e se non ci fosse scomparirebbe la diplomazia stessa. E l'immunità dal virus? Il dibattito è apertissimo. Vede impegnati in una mischia laocoontica virologi, epidemiologi, assessori, youtuber, provax e novax, apocalittici e minimizzatori, complottardi e perfino cittadini dubbiosi, incerti e disorientati da tanti autorevolissimi ma opposti pareri. La app Immuni? Come accade quando, mossi da ingiustificato ottimismo, ci accingiamo a montare una credenza in pezzi acquistata nel negozio di bricolage, il vero, imperdonabile errore è ignorare le istruzioni (laocoontiche pure loro). Il rischio fatale è illudersi di sapere che cosa sia Immuni dopo un post di tre righe su un social network. Ma questo vale per tutte le cose della vita e se ci caschiamo è perché nessuno, purtroppo, è immune da errori. Così come questo articolo, suo malgrado, non sarà certo immune da critiche.