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Dalla Cina i versi purissimi di Bei Dao

Alfonso Berardinelli venerdì 1 febbraio 2019
Che cosa sappiamo della poesia cinese di oggi? Dal momento che pochi italiani sanno il cinese, sappiamo ben poco. Una serie di notizie ci vengono tuttavia dalla pubblicazione nella collana diretta da Giorgio Manacorda delle «poesie scelte» di Bei Dao, La rosa del tempo, a cura di Rosa Lombardi (elliot, pagine 222, euro 19,50). Bei Dao, nato a Pechino nel 1949, figlio di un alto funzionario della Banca centrale, è il poeta cinese contemporaneo più conosciuto all'estero sia per la sua originalità che, purtroppo, per le sue dolorose vicende politiche. Nei regimi totalitari i poeti sono sempre sospettati di essere socialmente inutili, culturalmente corrotti, politicamente insidiosi a causa del loro fisiologico individualismo. Se poi sono poeti pensanti, cioè intellettuali, i sospetti aumentano provocando una vera e propria persecuzione. Bei Dao (pseudonimo di Zhao Zhengkai) aveva sedici anni all'inizio della Rivoluzione Culturale, fece parte delle Guardie Rosse devote a Mao, che lanciò una campagna politica «contro la vecchia cultura». Da questa esperienza il giovane uscì profondamente provato e disilluso ma anche più fermamente deciso a scrivere. Dopo anni di lavoro manuale forzato, riuscì a leggere due testi che furono per lui una rivelazione, La metamorfosi e Il processo di Kafka: «Per la prima volta – dichiarò più tardi – mi resi conto che si poteva scrivere letteratura in un altro modo». Criticato come dissidente politico, vive da quarant'anni fuori dalla Cina insegnando, prima in Europa e negli Stati Uniti e ora a Hong Kong. La prima domanda che si fa il lettore riguarda naturalmente il rapporto fra l'originale cinese che compare (indecifrabile ai più) nelle pagine di sinistra e la traduzione italiana a fronte. Domanda a cui potrebbero rispondere solo dei sinologi, ma certo Rosa Lombardi offre nella sua introduzione molti dati storici e culturali che possono aiutare la comprensione. Il lettore italiano nota però subito l'energia, la purezza e l'intensità delle immagini, del ritmo costruttivo, la necessità di emozioni e pensieri, la drammaticità morale delle situazioni che i versi esprimono o a cui alludono. Cito a caso qualche verso: «Torna, o vattene per sempre / non stare così sulla soglia / come una statua di pietra / con uno sguardo che non attende risposta». O anche: «L'ignominia è il salvacondotto dell'ignobile. / La nobiltà è il salvacondotto del nobile. / Guarda, in quel cielo dorato, / vagano i riflessi deformi dei morti».