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Fedele da Sigmaringen. Dai tribunali alle missioni sulle vie della verità

Matteo Liut mercoledì 24 aprile 2024
Le vie del Vangelo ci portano spesso là dove non ci saremmo mai aspettati, su percorsi inattesi, a compiti che mai avremmo pensato. E così può essere che un giurista diventi missionario, come capitò a san Fedele da Sigmaringen, la cui esistenza fu segnata da un preciso filo rosso: la ricerca della verità, sempre e comunque, fino all’offerta estrema della vita. Si chiamava Markus Roy ed era nato da una famiglia di origine fiamminga nel 1578. Aveva studiato filosofia e poi diritto a Friburgo ma, deluso dalla professione forense, nel 1612 entrò, assieme al fratello, tra i Cappuccini. Ordinato prete, si fece conoscere per alcuni scritti in difesa dell’ortodossia davanti al diffondersi del protestantesimo e per questo il vescovo di Coira lo chiamò nella sua diocesi come predicatore. San Fedele accettò e nel 1622 venne nominato superiore delle missioni nei Grigioni. La sua opera portò molti alla conversione, specie nella Quaresima del 1622. Questo però suscitò ostilità, anche perché la fede cattolica veniva identificata con quella dell’impero asburgico, considerato un invasore in quelle terre. Il 24 aprile a Séwis fu fermato da un gruppo di soldati che gli chiese di rinnegare quanto aveva appena predicato in chiesa: al suo rifiuto lo aggredirono e lo uccisero. Altri santi. San Benedetto Menni, religioso (1841-1941); santa Maria Elisabetta Hesselblad, religiosa (1870-1957). Letture. Romano. At 11,19-26; Sal 86; Gv 10,22-30. Ambrosiano. At 10,23b-33; Sal 97 (98); Gv 7,40b-52. Bizantino. At 14,6-18; Gv 7,14-30. © riproduzione riservata