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Da Belgrado le 6 rapper rom contro le discriminazioni

Antonella Mariani giovedì 23 dicembre 2021

Il momento più emozionante è stato quando si sono esibite a Londra, nel marzo 2020, al Women of the world Festival: sul palco sei ragazze arrivate da Belgrado, con il loro rap un po' in serbo, un po' in inglese e un po' in lingua romanì, a raccontare in musica che no, non vogliono sposarsi a 16 anni, che desiderano continuare a studiare perché istruzione significa indipendenza e libertà dai pregiudizi e dalle discriminazioni. La “prima girl band rom” al mondo: così si presenta “Pretty Loud”.

E il nome è già un programma: vuol dire “abbastanza rumoroso” perché di solito le donne rom, in Serbia e altrove, sono ai margini della storia, confinate in ruoli di madri bambine e spose subalterne, ed è necessario che trovino una voce forte e chiara che parli per loro. Anche Zlata, a 28 anni, è madre di un bambino di 11: ora la sua strada l'ha trovata accanto a Silvia, Selma, Elma, Zivka e Dijana, sei ragazze belle e determinate tra i 15 e i 28 anni che combattono le diseguaglianze e la discriminazione con la musica. «Sì, vogliamo fare abbastanza rumore», raccontano ad Avvenire Zlata Ristic e Silvia Sinani, collegate in video da Zemun, quartiere periferico di Belgrado a forte presenza rom.

Le 6 rapper di Pretty Loud - Foto Vesna Lalic (su concessione di Grubb Foundation)

La band è nata nel 2014 in seno alla fondazione inglese Grubb, che in Serbia ha sedi a Belgrado e Nis e si occupa di sostenere l'istruzione dei bambini rom attraverso laboratori di arte, ballo e musica. Le sei ragazze cantano la ribellione contro i matrimoni e le gravidanze precoci e i conseguenti abbandoni scolastici, contro il sessismo e gli abusi domestici, adottando un originalissimo e piacevole hip hop-rap balcanico, mixato alle sonorità della musica tradizionale rom. «Non mi forzare papà – recita il ritornello di un brano – sono troppo giovane per sposarmi». «La vita di Samantha è già segnata. Si sposerà ma tutti sanno che non è quello che voleva. Lei non sarà mai felice». Nella canzoni c'è anche la denuncia della “segregazione” nelle scuole, del razzismo strisciante che si manifesta pure nella difficoltà di trovare lavoro: «Chiediamo rispetto per la comunità rom – cantano le Pretty Loud –. Vogliamo una vita normale, un lavoro normale. Come possiamo sopravvivere a questa miseria?». I rom costituiscono l'1,5% della popolazione serba: se nella capitale Belgrado sono più o meno integrati, nelle località periferiche vivono situazioni di emarginazione.


Pian piano il successo per la band è arrivato: l'esibizione a Londra, un talent show in Croazia, la prima pagina del New York Times a ottobre, il ruolo di testimonial per l'Onu in Serbia in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, il 25 novembre, quando hanno lanciato il loro ultimo brano, “Equality”.

Una piccola notorietà che diventa strumento di riscatto per altre: «Abbiamo molti feedback, le ragazzine ci riconoscono per strada e sentiamo intorno a noi il supporto di tante donne che vogliono che la loro vita cambi. Una 15enne ci ha detto che aveva preso una brutta strada ma che ascoltando le nostre canzoni ha deciso di proseguire la scuola. Noi vogliamo trasmettere l'idea che l'istruzione è importante e che per il matrimonio c'è tempo», ribadiscono Zlata e Silvia ad Avvenire. E loro sei, tutte insieme, continueranno a fare “abbastanza rumore”.