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Cultura: se più del leggere vale il conversare

Cesare Cavalleri mercoledì 21 agosto 2013
Un lettore "forte", cioè uno che realizza il sogno di ogni editore perché legge un libro alla settimana, in un anno ne smaltisce una cinquantina: facciamo cinquanta, per cifra tonda. Considerando sessant'anni di vita attiva, quel lettore avrebbe smaltito circa tremila libri nell'arco della sua esistenza. Quella cifra, pur rara e ragguardevole, subito evapora se si pensa che, solo in Italia, in un anno si pubblicano circa sessantamila libri (cinquemila al mese). Ciò spiega la leggera vertigine che una persona anche di media cultura prova quando entra in una libreria: quando mai potrò leggere tutti questi libri? Una simpatica guida per non scoraggiarsi in tanta sovrabbondanza libraria è offerta da I troppi libri (pp. 128, euro 12) dello scrittore messicano Gabriel Zaid. È un libro pubblicato da Jaca Book nel 2005 per il proprio quarantesimo di fondazione, ma lo si può trovare on line in Ibs (Internet Bookshop) a metà prezzo. Zaid parte dalla constatazione che abbiamo più libri, anche nella biblioteca di casa nostra, di quanti ne riusciremo mai a leggere, ma sostiene, giustamente, che «l'intelligenza, l'esperienza e la vita creativa si sviluppano e si diffondono attraverso una conversazione viva, non attraverso lettere morte». La cultura è conversazione. Pertanto, scrivere, leggere, pubblicare un libro, equivale a inserirlo nel bel mezzo di una conversazione: «Fondare una casa editrice, una libreria o una biblioteca equivale ad avviare una conversazione - una conversazione che sorge, come dovrebbe essere, dal dibattito locale, ma che si apre, come dovrebbe essere, a ogni luogo e a ogni tempo». Un'altra buona idea di Zaid è quella di «costellazione di libri». Ogni lettore, a partire da un certo libro o da un certo autore, confeziona una costellazione ideale di libri che nutrono la sua cultura e la sua conversazione. Lo stesso vale per un editore che costruisce intorno ai suoi bestseller una costellazione di libri culturalmente affini, che restano in catalogo, mentre la grande distribuzione li manderebbe rapidamente al macero o ai remainder. Analogo il problema delle librerie. Scrive Zaid: «Una buona libreria di carattere generale, che disponga di trentamila titoli non tiene in magazzino nemmeno l'1 per cento di tutti i libri disponibili. Supponendo che la domanda sia la stessa per ciascun titolo, la probabilità che il negozio non abbia un determinato titolo sarebbe pari al 99 per cento». Pertanto una libreria medio-piccola, verso la quale la nota editoriale di Jaca Book nutre una comprensibile nostalgia, può sopravvivere solo se sa costruirsi una "costellazione" di titoli e di argomenti, perché «un'identità distintiva attrae l'attenzione e orienta la persona che è alla ricerca». Ormai, neppure le grandi catene di librerie possono far fronte allo tsunami di produzione da cui sono investite: è dunque normale che, entrando in una libreria anche grande, non si trovi il libro che si sta cercando, a parte gli effimeri bestseller, i soli che giustificano massicci investimenti pubblicitari. Ormai la distribuzione libraria avviene, e sempre più avverrà, on line, come il crescente successo di Amazon sta dimostrando. In internet si trovano anche libri di catalogo non recente, li si ordina via mail pagando con carta di credito, e li si trova in casa in 48 ore. Sull'e-book Zaid è onestamente cauto, del resto come gli editori: «La tecnologia digitale sembra destinata a integrare e supportare, più che a sostituire, il libro stampato e i suoi operatori». Dunque, non preoccupiamoci se leggiamo meno di quanto vorremmo: l'importante è "conversare" sulle idee che troviamo nei libri