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Cose turche e no: serve giudizio tra «errori» e «ammonizioni»

Gianni Gennari giovedì 16 aprile 2015
Ieri “Manifesto” (p. 6) e “Repubblica” (p. 18): «Erdogan ammonisce il Papa» che avrebbe commesso un «errore»! Altrove – su “Vatican Insider” (7/4) che riprende dal giornale francese “La Croix” (29/3) – hai letto che compito della Congregazione della Fede è anche «strutturare teologicamente» i pontificati, che Giovanni XXIII ne avrebbe avuto bisogno e Benedetto XVI no. Ancora ieri su “Vatican Insider” (illustre intervista al bimestrale francese “L'Homme Nouveau”): «il Magistero deve restare fermo come una roccia. Se si crea un dubbio, se il Magistero si situa in rapporto al momento in cui viviamo, la Chiesa non ha più il diritto di insegnare… Il Vangelo resta lo stesso. Non si muove»! Pieno accordo: nessuno vuole «muovere» il Vangelo, e Magistero e Vangelo non sono sempre la stessa cosa. Così papa Francesco a “Civiltà Cattolica”: «La visione della dottrina della Chiesa come un monolite da difendere senza sfumature è errata». E tu in tema ricordi la vicenda di Galileo, ma anche per esempio che Papi e S. Offizio fino al 1866 ancora definivano «la schiavitù non contraria alla legge divina». A restare la stessa è la fede rivelata e definita. Chi dunque come ieri (“Foglio”, tutta p. 5: «Il divorzio secondo Cristo» e «Nessun adattamento allo spirito del tempo») con riferimento al Sinodo prossimo fa appello al Vangelo di Matteo e a Newman per dire che ogni possibile «misericordia» verso divorziati e risposati è «balla» e tradimento della fede è come Erdogan: vuole «ammonire» il Papa segnalandogli l'«errore» da evitare ad ogni costo. Ma qualcosa non fila. Infatti subito dopo, stesso “Foglio” (p. III) trovi una donna nuda e ammiccante offerta al lettore, rassicurato ovviamente sulla «strutturazione» teologica del pontificato attuale. Nessuna paura del futuro della fede. Dialogo e fiducia, senza ammonizioni fuori posto…