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Cosa resta del fenomeno Pokémon Go

Gigio Rancilio venerdì 20 gennaio 2017
Nei bar non se ne parla quasi più. Sui giornali – che quest'estate hanno dedicato articoli su articoli al «fenomeno» – non ce n'è praticamente traccia. È quindi il momento migliore per farsi una domanda, lontano dalla foga e dall'emotività che accompagna ogni lancio e ogni moda: il videogioco Pokémon Go è stato davvero un fenomeno? E adesso a che punto è?
Dal suo debutto, lo scorso 6 luglio – secondo la società App Annie – è stato scaricato 500 milioni di volte e ha incassato circa 960 milioni di dollari. Ancora un passo e toccherà quota 1 miliardo. Una cifra da capogiro. Che da sola rappresenta circa un sessantesimo dell'intero mercato mondiale dei videogiochi. E questo nonostante sia stato vietato in Cina, Iran e Arabia Saudita, e sia stato osteggiato in India. Cioè in mercati molto importanti.
Secondo il rapporto di App Annie, «Pokémon Go è stato il gioco per smartphone e tablet più scaricato del 2016». Vi chiederete: com'è possibile se non si vedono quasi più giocatori girare per strada a caccia di mostriciattoli da catturare con lo smartphone (per poi combattere contro altri giocatori in palestre virtuali)? I motivi principali sono tre: un effettivo calo fisiologico di interesse verso il gioco (soprattutto in Europa e negli Stati Uniti), il freddo pungente che non aiuta nessuna attività all'aperto e alcuni problemi tecnici di Pokémon Go. Il mondo però non si ferma all'Europa e all'America, né tantomeno a quello che vediamo con i nostri occhi.
A dare retta all'ultimo comunicato dei creatori di Pokémon Go, «gli utilizzatori hanno percorso giocando già 8,7 miliardi di chilometri». Più che una curiosità è una risposta ai molti che avevano accusato il videogioco di non essere salutare. Altro dato solo apparentemente folcloristico: «I Pokémon catturati dagli allenatori in tutto il mondo sono stati 88 miliardi, una media di circa 500 milioni di esemplari al giorno». Il messaggio è chiaro: il fenomeno Pokémon Go è vivo, il suo popolo numeroso e gioca (ancora) tantissimo.
Mentre i non giocatori pensavano che la moda fosse finita, a metà settembre (in tempo, cioè, per i regali di Natale) è arrivata Pokémon Go Plus, una periferica progettata e realizzata da Nintendo «per rendere la caccia ancor più coinvolgente». E il 22 dicembre è stata pubblicata la versione del gioco per Apple Watch, l'orologio digitale e costoso. Una gran parte dei giocatori-allenatori dei «mostriciattoli» sono infatti adulti e benestanti. Gente che spende. Meglio: che, dopo mesi di apparente stanchezza verso il gioco-fenomeno, è tornata a spendere, facendo impennare gli incassi da 350 ai 960 milioni di dollari del 31 dicembre 2016. È pensando anche a loro che per il 2017, gli sviluppatori stanno lavorando a nuovi contenuti e all'introduzione di nuovi Pokémon.
Resta una domanda: come ha fatto un gioco così a fatturare così tanto e a convincere milioni di persone a giocarlo? Il comunicato stampa diffuso al Ces, il più importante appuntamento mondiale dedicato alla tecnologia, non ha dubbi: «Le sue caratteristiche vincenti sono la semplicità, il gioco basato sulla realtà aumentata, la sua natura sociale e i Pokémon, un marchio diffuso da anni e molto amato».