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Conte(sto) la narrazione occidentale del Sahel

Mauro Armanino martedì 22 gennaio 2019
Ha soggiornato 24 ore a Niamey e poi è partito per N'Djamena, la capitale del Ciad. Prima di Giuseppe Conte erano già passati da queste parti Paolo Gentiloni, Federica Mogherini, Angela Merkel, Emmanuel Macron e molti alti funzionari dell'Occidente. Il primo ministro Conte ha confermato, nel breve e inoffensivo soggiorno a Niamey, la narrazione che, senza colpo ferire, è assunta come l'unica possibile. Per lui come per altri prima di lui, ci si è ostinati a recitare un'unica Contestabile narrazione che si spaccia per autentica. Non sbaglia George Orwell quando, nel suo romanzo "1984", afferma che, in un sistema totalitario come quello che dipinge, la menzogna diventa verità e passa alla storia. Di certo l'autore non conosceva il Sahel e non poteva immaginare che qui la storia è raccontata solo dalla sabbia. Lo stesso ha fatto Conte che ha attraversato in 24 ore la complessità e i drammi di cui il Niger e il Sahel incarnano l'attualità. L'ignoranza è forza, dice Orwell nel libro menzionato.
Già l'ignoranza è forza è uno degli slogan del libro incisi sulla facciata del Ministero della verità, che non è altro che sabbia buttata alla rinfusa sulle diplomazie in missione di 24 ore. Solo l'ignoranza di ciò che da anni si vive nel Sahel può spingere a credere che il problema principale sia quello del controllo dei migranti o del terrorismo djihadista. L'edificio del Ministero della verità, diffuso in buona parte dei aree governative e parlamentari del Sahel, è lo specchio di quanto l'Occidente desideri vedere e accettare dai dirigenti africani. Fossimo davvero interessati a evitare i migranti morti nel deserto del Sahara e nel mare, come riaffermato durante la visita di Conte, lasceremmo piuttosto naufragare le politiche che li escludono e li criminalizzano. Solo l'ignoranza utilizza la forza per affermare la verità delle cose, che nella sabbia del Sahel cambia secondo le circostanze. Gli uni e gli altri sanno bene che l'interesse portato alle vite umane è un pretesto del denaro che i Paesi europei versano nelle mani dei governanti degli Stati d'Africa.
La guerra è pace. Un altro degli slogan del libro "1984" e di coloro che hanno accompagnato il viaggio e gli incontri bilaterali di Conte e del suo seguito. Sconfessando il recente anniversario della promulgazione della Carta costituzionale, l'Italia si conferma un Paese in permanente tentazione guerrafondaia. L'esportazione di armi, di personale per la formazione e la prossima base militare nel Niger confortano questa inedita posizione nel Sahel. Variegati i progetti evidenziati dal discorso presidenziale a Conte che spaziano dall'ambito agricolo alla formazione professionale, delle infrastrutture all'acqua, dalla salute all'autonomia delle donne. L'unità di interessi culmina nell'impegno alla lotta contro il terrorismo e le organizzazioni criminali, specie quelle che operano nell'ambito della tratta dei migranti. Quest'ultimo punto è enfatizzato da chi ha, da tempo, messo in vendita il Paese.
La libertà è schiavitù, il terzo slogan del sistema dittatoriale illustrato da Orwell, si conferma pure nel Sahel. La mobilità, segno di libertà e dignità umana, è affidata al controllo e all'esperienza della sabbia. Ci si vanta di aver ridotto, mutilato e confiscato i sogni di 150mila giovani che transitavano nel Paese per cercare altrove il futuro desiderato. Ora gli organismi e le autorità parlano di "appena" 10mila migranti in transito. Un successo per la schiavitù del pensiero e della narrazione dominante. E a noi qui, da anni ambasciatori del Vangelo e della Costituzione tradita dalle politiche e dagli affari, nelle 24 ore di soggiorno di Conte, non è stata data la parola. Qui non abbiamo bisogno di soldi ma di rispetto. Per questo continueremo a Contestare la narrazione che falsifica la storia e calpesta i volti di sabbia del Sahel.
Niamey, gennaio 2019