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Con «Spirto gentil» di don Giussani tra i capolavori di Palestrina e Allegri

Andrea Milanesi domenica 24 settembre 2006
Un inestricabile intreccio tra storia e leggenda vuole che, durante le infuocate sessioni del Concilio di Trento, sia stata la Missa Papae Marcelli di Giovanni Pierluigi da Palestrina (ca. 1525-1594) a salvare il futuro della musica sacra: in aperto contrasto con «l'artificio e la teatralità» che caratterizzavano il repertorio religioso dell'epoca, l'opera del maestro italiano si distingueva per le limpide trame polifoniche e la chiara comprensione del testo, in piena aderenza con i nuovi propositi controriformistici e bandendo tutti gli elementi «lascivi o impuri» (soprattutto quei temi di canzoni profane o di madrigali amorosi che fungevano da base tematica di tante composizioni liturgiche del tempo). A questo capolavoro assoluto, l'uscita numero 37 della collana discografica Spirto gentil (fondata da don Luigi Giussani e distribuita da Universal Music Italia) affianca un'altra pietra miliare del repertorio sacro tardo-rinascimentale: quel Miserere a nove voci grazie al quale Gregorio Allegri (1582-1652), «contrappuntista d'ottima e perfetta composizione e armonia», ha guadagnato fama immortale presso ai posteri. Anche quest'opera è rimasta avvolta da un'aura mitica, legata alle superlative doti canore e improvvisative dei cantori pontifici, ma in modo particolare alle sue esecuzioni «in esclusiva» per la Cappella Sistina in occasione delle celebrazioni liturgiche durante la Settimana Santa.Nell'impeccabile interpretazione offerta dal gruppo vocale inglese Tallis Scholars diretto da Peter Phillips, queste due preziose perle che adornano il ricco diadema musicale della rinomata Schola romana se da un lato riconfermano il loro indiscutibile valore artistico, dall'altro acquistano soprattutto il carattere di un vero e proprio manifesto confessionale e devozionale; nell'incrollabile  certezza dei saldi principi della fede cattolica di fronte alla Riforma protestante (come rimanere insensibili di fronte alla trepida e solenne professione del Credo nella Missa palestriniana!) riverbera l'apparente sproporzione tra la dolorosa condizione dell'uomo peccatore e la gratuita azione salvifica della misericordia divina, che nel canto di Allegri diventa esperienza paradigmatica di un abbandono che si fa domanda nella preghiera.