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Come sospesi

Ivano Dionigi venerdì 28 febbraio 2020
Dopo aver assistito, qualche sera fa, alla messinscena di un dialogo immaginario tra l'epicureo Lucrezio, l'autore del De rerum natura, e lo stoico Seneca, l'autore delle Lettere morali, a fine spettacolo alla domanda quale dei due classici li rappresentasse maggiormente, gli studenti sia universitari sia liceali, come un solo uomo, con mia sorpresa hanno risposto Seneca. Un'opzione ben diversa da quella degli anni Settanta quando, in linea con lo spirito dei tempi, al maestro di saggezza e conciliante Seneca gli studenti preferivano l'apostolo della ragione e iconoclasta Lucrezio. A ben riflettere, questo responso unanime a favore di Seneca da parte sia dei giovani che dei giovanissimi non avrebbe dovuto meravigliarmi. Di fronte all'alternativa tra chi parla dell'uomo e chi parla del cosmo, tra chi cerca una soluzione all'interno dell'avverso scenario politico e chi procede diritto guidato da princìpi assoluti, tra chi fa i conti con la realtà e chi la contesta e detesta, i nostri ragazzi preferiscono chi parla a loro e di loro; scelgono guide che li confortino più che profeti che li convertano; chiedono di migliorare questo mondo, e non pretendono di capovolgerlo, a differenza dei loro coetanei del '68 e del '77. Sono come sospesi: tra speranza e rassegnazione. O forse tra compromesso e sopravvivenza.