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Colpe di padri e sempre difficile riscatto di figli

Goffredo Fofi venerdì 19 giugno 2015
Nel piccolo e cordiale, stimolante elenco dei libri più amati stilato da Carlo Fruttero, un'ultima fatica affrontata con l'aiuto della figlia e pubblicata postuma (Da una notte all'altra, Mondadori). si incontrano molti titoli che in genere non rientrano negli elenchi dei grandi libri che fanno gli accademici, vicino a romanzi la cui importanza e bellezza è più riconosciuta, c'è anche Il conte di Montecristo, così come ci sono Il corsaro nero e Don Camillo. Il romanzo di Dumas padre resta infatti nella memoria di tantissimi lettori, me compreso, come uno dei più appassionanti. L'ho preso in mano di nuovo, e mi è caduto l'occhio sui capitoli in cui Edmondo Dantès il vendicatore deve decidere se vendicarsi anche sui figli dei suoi nemici, Albert figlio della sua antica innamorata Mercedes, e Edouard, figlio del perfido Villefort. Dantès sceglie di risparmiarli: le colpe dei padri non devono ricadere sui figli. Mi è capitato di conoscere molti anni fa il figlio di un regista tedesco che fu una delle colonne del cinema (e della propaganda) nazista, esacerbato da quest'eredità al punto di risultare nevroticamente antipatico, aggressivo, irrisolto. Ma mi è capitato anche di conoscere in gioventù, in certi campi di lavoro internazionali, ragazzi e ragazze italiani e stranieri che, figli di nazisti e di fascisti, cercavano di essere e sono riusciti a essere tutt'altro, e perfino, alcuni, riuscendo a perdonare i loro padri anche se non a capirli e giustificarli. È chiaro per tutti, spero, che le colpe dei padri non devono ricadere sui loro figli, mai. Se invece le colpe dei figli non debbano ricadere sui padri, è un discorso così complicato che non oso addentrarmici, anche se ho conosciuto anch'io figli antipatici di padri rispettabili. È dipeso dall'educazione che hanno avuta, o non, piuttosto, dall'educazione che Paul Goodman chiamava incidentale, non programmata, l'educazione buona o cattiva che ci viene dall'ambiente, dalla strada, dai media, dal mercato, dagli esempi extra-familiari. Certo, una grande responsabilità ricade ancora e sempre sui modelli offerti dalle famiglie. «Ma che madri avete avuto?» gridava Pasolini ai giovani teppisti politici del suo tempo in una poesia molto bella. Se pensiamo al nostro presente, dove la grande maggioranza degli adulti non è certamente composta di genitori "cattivi", ma forse lo è di genitori meno saggi e più condizionati di quelli di poche generazioni addietro, ci si vede tutti come prigionieri di idee correnti ("eterodiretti" e non "autodiretti", secondo una classica distinzione sociologica) e ci si scopre insicuri anche quando fingiamo di non esserlo. Ma chi può aiutarci, da chi imparare? Quale che siano il destino e le scelte dei nostri figli, è di buoni esempi che abbiamo bisogno, noi come loro.