Rubriche

Colf-Inps, il "minimo" è già in vigore

Vittorio Spinelli martedì 2 luglio 2019
L'intenzione del Governo di riconoscere ai lavoratori dipendenti un salario minimo di 9 euro l'ora ha suscitato perplessità e opposizioni da parte di numerose aziende e imprenditori. Pur da apprezzare per le sue finalità sociali, la proposta fa intravedere tuttavia un nuovo aumento del costo del lavoro (con riflessi sul prezzo de beni e dei servizi), oltre a difficoltà col mondo sindacale scavalcato nei suoi impegni di rappresentanza. Coinvolto nel provvedimento sarebbe stato anche il lavoro domestico, se i rappresentanti dei datori interessati, in particolare l'Assindatcolf, non avessero segnalato alla Commissione parlamentare che segue la vicenda gli effetti dannosi per il settore, ed ottenuto concrete assicurazioni sulla esclusione dei datori di lavoro domestico. Analoga la posizione espressa nel merito dal Presidente dell'Inps. Una retribuzione minima di 9 euro l'ora (al lordo dei contributi Inps) anche per colf, badanti e baby sitter sarebbe stata insostenibile per le famiglie, oltre ad accrescere il fenomeno del lavoro irregolare. Il compenso dovuto alla lavoratrice sarebbe aumentato di almeno il 70% (caso di una badante specializzata) fino al 230% (per una colf di primo livello). Del resto i datori di lavoro domestico che vivono di pensione non hanno le opportunità per accrescere le proprie entrate, così da poter sostenere ulteriori oneri per l'assistenza personale e familiare.
Di fatto è già in vigore per il lavoro domestico una retribuzione minima che parte da 7,13 euro l'ora (secondo i livelli di inquadramento) come base per determinare i contributi Inps. E già questo minimo convenzionale - stabilito ogni anno da una Commissione presso il Ministero del lavoro - appare distante dal livello generale delle condizioni economiche delle famiglie, colpite quotidianamente da esigenze ed oneri indifferibili, come le spese di cura e quelle per invalidità, tanto da aver generato un fenomeno, ormai fuori controllo, di evasione "di necessità", e che fa stimare come la maggioranza dei domestici (6 su 10) sia occupata in nero. A questo va aggiunta l'indifferenza dei governi di turno sui risibili importi di deduzione fiscale delle spese e dei contributi Inps sostenuti dalle famiglie, mai rivalutati dall'anno 2000 pur dopo costanti ed unanimi denunce di associazioni, sindacati e patronati.