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Col maestro Suzuki alla scoperta di tutte le «Cantate sacre» di Bach

Andrea Milanesi domenica 14 febbraio 2010
Con l'uscita del 45° volume, il progetto di registrazione integrale delle Cantate sacre di Johann Sebastian Bach (1685-1750) realizzato da Masaaki Suzuki raggiunge circa i tre quarti del suo cammino; inaugurato nel 1995, tra la generale sorpresa di vedere una piccola etichetta indipendente svedese (la Bis, distribuita in Italia da Jupiter) affidarsi a un ensemble vocale e strumentale, a cantanti solisti e a un direttore di nazionalità giapponese, il percorso discografico si è via via guadagnato la stima incondizionata di critica e pubblico, attestandosi da subito su un pregevole livello qualitativo e sbarazzando il campo da qualsiasi tipo di pregiudizio artistico e culturale. Al contrario di quanto normalmente accade in questo genere di operazioni "a lunga gittata", col passare del tempo quella guidata da Suzuki (la cui formazione professionale è avvenuta a stretto contatto con i grandi interpreti bachiani dell'Occidente) non tende a perdere smalto e tensione; anzi, va dimostrando una sempre maggiore immedesimazione con il pensiero estetico e spirituale del compositore, quasi come se la profondità di approccio esecutivo dei musicisti " che stanno registrando i lavori del Thomaskantor secondo un ordine rigorosamente cronologico " stesse maturando idealmente insieme con la traiettoria creativa dello stesso Bach.
E se i brani inseriti in questo "disco giubileo" non sono certo tra i più famosi, ben testimoniano della varietà stilistico-formale e dell'alto valore medio della produzione sacra del Maestro di Eisenach. Vi troviamo raccolte tre pagine risalenti perlopiù al 1726 e dedicate alle domeniche intorno alla Festa della Trinità " le Cantate "Brich dem Hungrigen dein Brot" BWV 39, "Es wartet alles auf dich" BWV 187 e "Gelobet sei der Herr, mein Gott" BWV 129 " a cui viene affiancata la Sinfonia per violino e orchestra BWV 1045, che fungeva presumibilmente da introduzione strumentale per una Cantata andata perduta; opere che rappresentano il nuovo tassello di un'impresa ciclopica, che va assaporata un po' per volta, come ci sta abituando il direttore nipponico che pubblica non più di due o tre dischi all'anno; perché ogni composizione è un gioiello musicale a sé, a cui riservare un ascolto attento e dedicato.