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Citazioni tra memoria e fantasmi: a rischio

Gianni Gennari sabato 23 maggio 2009
Citare? E' anche evocare. Tu richiami un nome, ma senza memoria è rischioso. Su "Repubblica" ieri (p. 1: "La vita ingiusta e la libertà degli uomini") Vito Mancuso scrive dell'etica umana oggi possibile e - forse eco di tesi recente in alto loco - dell'infondatezza di ogni pretesa "religiosa" di darle un contributo decisivo. Perciò cita due testi biblici, per lui contraddittori, e come risolutivo Charles Darwin: "Non posso guardare all'universo come al risultato di un cieco caso. Tuttavia non posso vedere nessuna prova di un disegno benevolo". Non c'è un "disegno" superiore: esso - benevolo o no - sarà tutto a carico dell'uomo. Lezione chiara che Mancuso prende sul serio: il disegno non c'è, se c'è non è benevolo, quindi esso è tutto e sempre a carico della libertà umana. Leggi e ricordi che dai testi di Darwin stesso - in un secolo e qualcosa presi sul serio da devoti convinti - frequente conclusione è stata affermare che unico disegno possibile della civiltà umana è quello della "selezione" detta naturale, ove conta solo la forza, e la ragione è tale solo se si fa forza. Del resto nel suo "L'origine della specie" (Ed. Riuniti, 1982) Darwin stesso teorizza più volte, in particolare nelle pagine successive alla 250, l'opportunità di eliminare, alla nascita o anche dopo, gli individui "deboli", e lamenta certe scoperte mediche che ostacolano il progresso vero indebolendo "la specie". Nei fatti ogni eugenetica, anche quella nazista imposta con leggi assolutamente "laiche" e pretese "scientifiche", è partita proprio da quelle premesse. Rischio delle citazioni: citi Charles, e ti appare Adolph!