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CIELO E TERRA PASSERANNO

Gianluigi Corti martedì 25 settembre 2018
Lo splendore del creato, la sua capacità di rimandarci in modo efficace al suo autore, non devono farci dimenticare la sua provvisorietà. Gesù si è espresso così nel vangelo: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mt 24,35). Questa convinzione della transitorietà della realtà creata, come indica la coppia "cielo e terra" ripresa dal primo versetto della Bibbia per indicare la totalità di quanto Dio ha prodotto con la sua azione creativa, era ben radicata nella prima comunità cristiana: tutti e tre i sinottici la conoscono in modo identico (vedi anche Mc 13,31; Lc 21,33). L'insegnamento dato qui da Gesù mette bene l'accento su quanto è intramontabile e quindi veramente degno di massimo interesse e attenta custodia. La contemplazione del creato è certamente positiva e fruttuosa, tuttavia essa rimane subordinata a un valore più prezioso perché comunicazione più piena, esplicita, di quanto il Signore ci vuole dire nella sua partecipazione d'amore. Che cosa rimarrà dunque del cielo e della terra? Cosa resterà di tutto quanto il creato? La sua origine e il suo scopo: il colloquio d'amore col Padre nel Figlio, realizzato tramite la parola di Gesù. Così recita un salmo: «Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera» (Sal 33,6). La matrice dalla quale il creato proviene rimarrà, e non come ricordo museale, bensì come grembo sempre capace di produrre novità.