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Chi dice carne e chi verdura. La dieta al tempo dei social è proprio dissociata

Paolo Massobrio mercoledì 31 ottobre 2018
La cucina è il luogo dove la natura si trasforma in un piatto. È la frase che mi ha suggerito Arianna Bettiga, nutrizionista e ricercatrice che si occupa del progetto Re.Me.Diet dedicato alla dieta mediterranea e alle patologie renali.
L'ho incontrata a un convegno con alcuni campioni del gusto (Cracco, Cerea, Rinaldini), che si domandavano pubblicamente come il loro lavoro possa essere utile alla salute. Intendiamoci: il ristorante non è una farmacia, ma resta comunque un luogo dove non va persa la misura delle cose. Anzi, è proprio la coscienza che il buono fa anche bene a spingere i cuochi verso nuove motivazioni.
E qui scopriamo che talvolta cuochi e dietologi non parlano la stessa lingua, anche perché i secondi spesso si fissano su alcuni particolari che possono creare danni. C'è il dietologo che si fa pagare per farti perdere peso e quindi propone una dieta
proteica, senza pensare che in quel modo si crea uno scompenso proprio dal punto di vista renale. Mentre c'è una via maestra e si chiama dieta mediterranea; essa, secondo i ricercatori di Re.Me.Diet guidati dal dottor Francesco Trevisani, potrebbe persino modificare positivamente il Dna.
Eppure si ascolta e si legge sempre qualcosa di diverso, come in un gioco delle tre carte. Ieri, ad esempio, un giornale titolava: «Più caffè, meno spezie, niente alcol»; esattamente il contrario di quanto abbiamo letto qualche tempo prima: non abusare di caffè, utilizzare le spezie per contrastare il sale e un bicchiere di vino a pasto che diventa un protettore... E così si spiazza anche la persona più solerte, che davanti a tanta confusione decide di affidarsi al fai-da-te del buon senso. Ma non è la strada giusta.
Perché mai, invece, lo Stato non si impegna in maniera definitiva su un aspetto così vitale? Cosa aspetta a creare un osservatorio permanente sulla nutrizione, dotato di un ufficio stampa che contrasti la diffusa disinformazione amplificata dai titoli dei giornali, commentati magari in radio e poi sui social in modo da farsi verità senza verifica? Diciamo a chiare lettere che l'assolutismo dietologico (no carboidrati, no questo e no quello) è quanto di più nocivo possa esserci!
Pietro Leemann, cuoco allievo di Gualtiero Marchesi, lo conferma: ha fatto una scelta vegetariana, decidendo di approfondire un aspetto interessante come riflessione (ma è di questi giorni la notizia – sempre gioco delle tre carte – che la carne fa bene...) e l'ipotetico osservatorio ministeriale sulla nutrizione in casi come questo avrebbe il suo da fare a rilevare i punti di verità delle varie teorie. Di sicuro però non direbbe mai quello che Leemann conclude: «La cucina è una scoperta che ci fa avvicinare a Dio».