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Cattive notizie: cambiare si può

Italo Cucci venerdì 29 gennaio 2010
Beato Candido, che potè riposarsi dalle mille battaglie, liberarsi dalle pene pallonare, sottrarsi a personaggi illustri e meschini - gli ultimi colti con le mani nel sacco di Calciopoli - per darsi a una durissima ma proficua ricerca della Bontà.
Già: le avventure non erano mancate, a Cannavò, neanche dopo l'approdo alla direzione della Gazzetta, perché adorava esser cronista e non avrebbe mai saltato l'appuntamento col Fatto e con l'Evento. Eppure seppe allontanarsi, più nauseato che stanco, dalla fabbrica delle cattive notizie - ormai attivissima sul fronte dei vari media - arrivando addirittura a sognare il Giornale delle Buone Notizie.
S'è pensato di parlarne, lunedì a Milano, non solo per commemorare l'amico direttore della Rosea, virtualmente con noi tutti, ma per ricavare dalla sua utopia un dettaglio da realizzare. Il mio punto di vista? Quello antico, sostanzialmente immutabile ancorché arricchito di esperienze: il Giornale delle Buone notizie, esiste già, e da più d'un secolo, ed è il giornale sportivo. Certo, nella sua accezione ideale, corrispondente allo spirito che portò a fondare la Gazzetta nel 1898, il Corriere dello Sport nel 1924, Stadio e Tuttosport nel 1945.
Lo sport è da sempre quanto di più vicino alla lealtà, e non aggiungo altre incerte virtù perché lealtà tutte le contiene e grande sarebbe questo mondo se non fosse mai tradita. Il giornale sportivo è la fabbrica dei sogni, l'ausilio della speranza di vittoria, dato che io continuo a difendere nonostante il buonismo imperante, evidentemente frutto di sensi di colpa, solleciti la passione per la sconfitta; il giornale sportivo è anche allegramente fazioso ma s'arrende sereno davanti al Risultato, che potrai sempre discutere nella categoria della Giustizia o Ingiustizia, mai negare, cancellare.
Sere fa, a Napoli, un collega mi diceva che un evento sicuramente positivo, ovvero una città senza omicidi da ventisei giorni, era potenzialmente deleterio per i fogli che vendono cronaca grondate sangue: «Ma per fortuna - aggiunse - abbiamo il Napoli che vince». Capito il compito del giornale sportivo, senza peraltro ridurne la credibilità? Come diceva quell'antico spot radiofonico, lo stesso brindisi dedicato a salutare gioiosamente la vittoria poteva diventare consolazione per la sconfitta, mantenendo l'appassionato nel suo mondo ideale, forse anche venato di leggerezza, forse sciocco e tuttavia lontano dalle infinite sciagure prodotte a ritmo serrato dai media "non sportivi".
Per non sembrar qualunquista, ho anche ricordato che per certi versi il "giornale senza brutte notizie" è sogno di governanti antichi e moderni desiderosi di realizzare, almeno nella virtualità del loro disegno politico, il Paese di Bengodi popolato da imbecilli. Il giornale sportivo non nasconde le cattive notizie del suo mondo, ma ogni tanto racconta eventi che cambiano il mondo. La Nazionale vittoriosa nell'82 non solo fece ballare di gioia un presidente come Pertini che fece innamorare gli italiani, ma moltiplicò le vendite dei quotidiani di sport trascinando l'intero mondo della stampa cartacea oltre i 6 milioni di copie vendute quotidianamente: quando scoppiò la Guerra del Golfo ,le copie perdute dai Fogli della Pace - decine di migliaia - fecero crollare le tirature e la diffusione, negli anni successivi sempre più ridotte in un'orgia di Cattive Notizie.
Dobbiamo continuare così - dicevo al convegno milanese - cercando piuttosto di migliorare l'informazione, affinché sia più veridica e corretta, e la competenza, utilissima, anzi indispensabile nella trattazione delle discipline sportive. Mi auguravo anche, da ex allievo salesiano, il recupero dell'insegnamento morale - e sportivo - di don Bosco, fra i padri fondatori del calcio piemontese e dunque nazionale. Nell'interminabile processo alla violenza e alla slealtà portiamo sovente sul banco degli imputati i giovani, spesso quegli stessi che l'ubiquo sacerdote di Castelnuovo d'Asti andava a raccogliere fuori delle carceri, nelle strade, nella povertà e nel dolore, avvicinandoli poi allo sport, dalla mitica lippa al gioco del pallone. Non vedo l'ora che all'invettiva spesso intollerante si possano sostituire la comprensione, la mano tesa, l'aiuto concreto, il soccorso istituzionale ai ragazzi che stanno per realizzare una nuova edizione della Gioventù Bruciata. Oggi ignorano i giornali fatti per i Troppo Buoni: se li attireremo nel mondo dello sport, oggi l'unico davvero vivibile, torneranno a leggerci. E sarà una vera grande buona e bella notizia.