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Carne, a tavola torna la fiducia

Vittorio Spinelli sabato 23 aprile 2005
Gli italiani mangiano più carne bovina. Di per sé la notizia non ha granché di eccezionale. Ma se si ricorda il periodo buio delle vacche pazze e, soprattutto, il fatto che il comparto vale la bella cifra di 4.200 milioni di euro e occupa 80mila persone, il significato dell'aumento dei consumi di carne cambia valore.Tanto che c'è stato chi - come la Cia - ha gridato al successo degli allevamenti nostrani, soprattutto di fronte al generale calo dei consumi alimentari. Intanto, parlano i dati, indubbiamente positivi. Nel corso del 2004, infatti, i consumi di carni bovine sono saliti del 4%, che diventa il 6,8% per gli ultimi 24 mesi. Durante lo scorso anno gli acquisti domestici di carne bovina da parte delle famiglie italiane sarebbero stati di 400.000 tonnellate (più di 22 chili per ogni nucleo familiare) per un importo superiore ai 3,5 miliardi di euro. Un risultato importante se si pensa che nel 2001, anno in cui esplose la vicenda Bse in tutta Europa, i consumi di carne bovina scesero del 15%, provocando danni rilevanti agli allevatori e a tutta la filiera produttiva. Il significato? Per la Cia non c'è dubbio: «Il successo della carne bovina dimostra la fiducia dei cittadini sia nei confronti dei provvedimenti adottati per contrastare e debellare il morbo della mucca pazza, che della scelta operata dagli allevatori e orientata sempre di più verso la qualità». E non basta, perché la spesa per la carne, di tutti i tipi, sarebbe arrivata al 22% del totale della spesa alimentare ovvero sette miliardi di euro. Tanto da far pensare ad una sconfitta della dieta mediterranea. Sempre la Cia, infatti, ha fatto notare come i consumi di pane, verdura e frutta siano diminuiti dal 5 al 10-12% mentre quelli di pasta siano rimasti stabili. In aumento, oltre alla carne, sarebbero invece gli altri prodotti di origine animale, pur se in maniera diversificata. Accanto alla crescita degli acquisti delle carni bovine si sono registrati cali per quelle avicole e suine, rispettivamente, del 5 e dell'8%. In controtendenza i salumi che fanno registrare un aumento nelle vendite (circa più 3%). Al di là dei numeri e delle loro interpretazioni, ci sono però altre riflessioni da fare. Prima di tutto è necessario fare i conti con il significato e l'affidabilità delle statistiche e, di contro, con la mutevolezza del mercato al consumo. Sempre di più, infatti, gli acquisti alimentari possono essere influenzati dalle tendenze di vita e dalle campagne di comunicazione, ma anche - come ovvio - dalle disponibilità economiche. La spinta verso un'alimentazione sana ed equilibrata, per esempio, deve confrontarsi con la necessità di far quadrare bilanci familiari alle prese con la crescita dei prezzi di molti dei prodotti in commercio (anche buona parte di quelli freschi) e il contenimento dei redditi disponibili. Basta pensare che, solamente per l'ortofrutta, mentre le quantità consumate sono diminuite, in due anni la spesa è cresciuta di oltre l'11% arrivando a sfiorare i cento euro al mese per famiglia.