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«Bonne Chance» per questo Sahel

Mauro Armanino martedì 2 aprile 2019
Era fermo da due giorni sulla strada. Il vecchio camion pieno zeppo di legna da ardere aveva avuto un guasto meccanico e si trovava in bilico tra due corsie della strada che porta alla Rotonda della Francofonia di Niamey. Asfaltata da ambo i lati, è una strada è molto frequentata specie nelle ore di punta. Dietro al camion bianco e verde c'è scritto a mano con la vernice rossa "Bonne Chance". Di buona fortuna nel Sahel ne abbiamo proprio bisogno. I camion trasportano in primo luogo tonnellate di legna, e poi ovviamente persone. In attesa della riparazione, come di consueto, i giovani apprendisti, stesi su diverse stuoie sotto il camion, stavano riposando e forse sognando un Tir nuovo di zecca. Bonne Chance, dunque, ai numerosi e stanchi camion che riforniscono i ristoranti e le famiglie della capitale di legna per arrostire la carne lungo le strade, di sera. Il taglio degli alberi favorisce la tanto temuta desertificazione della savana che circonda la città e si avventura verso la frontiera con il Burkina Faso. I camion e gli asini, ognuno con la propria identità, assicurano quotidianamente la legna per la sopravvivenza culinaria della città. Bonne Chance, allora, a questo come a ogni altro camion, che viaggia per usata pratica e soprattutto perché conosce a memoria le strade della città.
Di fortuna, d'altra parte, ce ne vuole tanta anche per chi viaggia coi bus delle numerose compagnie di trasporto della capitale. Quando non cedono i ponti frontalieri sul fiume Niger il rischio maggiore si nasconde nei controlli della dogana. Mercanzie innumerevoli, documenti dimenticati, libretti sanitari senza timbri, diplomi delle scuole elementari mai terminate, carte d'identità scadute e visti facoltativi complicano i passaggi alle frontiere. Non sono neppure trascurabili gli incidenti dovuti allo stato delle strade, alla velocità eccessiva e al possibile uso di stupefacenti dei giovani autisti delle summenzionate compagnie di trasporto. Non parliamo poi delle migliaia di taxi che rendono possibile la mobilità delle casalinghe, degli studenti e dei lavoratori informali che assicura il pane quotidiano ai numerosi figli parcheggiati nelle scuole private della città.
Bonne Chance anche ai migranti. Pedinati, accerchiati, schedati, derubati prima ancora di partire. Imprigionati se solo osano dichiararsi tali, detenuti e torturati quando occorre, messi ai lavori forzati quasi sempre. I migranti hanno bisogno solo di Tanta Fortuna per arrivare vivi a destinazione. C'è un progetto, chiamato in modo per me beffardo, Redemtion Song, promosso da una Ong italiana in vista di costituire una grande coalizione umanitaria, non è un canto e tanto meno una redenzione. Mi sembra che riproduca nel suo piccolo la politica italo-occidentale di repressione alla migrazione decretata "irregolare". Da questo si deduce quanta Bonne Chance sia necessaria per tentare ciò che oltre 50 milioni di europei hanno realizzato impunemente nel passato, migrando nelle Americhe, in altri Paesi europei e in Africa durante l'epoca coloniale. Ci vuole una bella dose di buona fortuna per passare indenni dalle maglie sempre più fitte stese da quanti vogliono aiutare i migranti a riflettere sull'eventuale ritorno al Paese di origine. Da quelli che assistono i viaggi di ritorno e si prendono cura dei trauma post-tortura dei centri di detenzione e quelli che organizzano progetti di microcredito per aiutare i migranti a tornare al nulla. Ci vuole una Bonne Chance, infine, per sposarsi visto che i matrimoni non durano che pochi mesi, e per uscire di casa visto che nessuno è sicuro di tornarvi e ha ottimi di probabilità di essere rapito e scomparire senza lasciare traccia. Ci vuole un sacco di buona fortuna per terminare l'università visti gli anni accademici che possono durare decenni. Bonne Chance, il camion rimasto in panne per d due giorni, ha già terminato di distribuire la legna ed è tornato a viaggiare. Nel Sahel non è una sorpresa: alla Bonne Chance provvede solo Dio.
Niamey, marzo 2019