Rubriche

Blackburn e il narcisismo alleato della hybris

Cesare Cavalleri mercoledì 22 aprile 2020
Il libro di Simon Blackburn, Specchio delle mie brame tradotto da Alberto Cristofori per Carbonio Editore (pagine 208, euro 16,50) mantiene molto meno di quanto il titolo promette e il sottotitolo, Pregi e difetti del narcisismo, lusinga. L’autore (Bristol, 1944) è un filosofo del linguaggio, e qui sembra volersi accreditare più come filosofo che come linguista. Bisogna saper distinguere tra un filosofo e un saggista: Blackburn è un saggista. Un filosofo dovrebbe avere una propria visione del mondo e saperla esprimere in un pensiero sistematico, coerente per logica e struttura, che traspare anche nell’analisi di problemi particolari; Blackburn, saggista, non esprime un pensiero che sia suo, preferisce far sapere quali libri ha letto prendendone frasi un po’ qui e un po’ là, senza curarsi della congruenza delle citazioni e delle visioni del mondo attribuibili ai singoli autori, soprattutto Kant, Hume, Rousseau. Quando vuol fare il filosofo/filosofo, si aggrappa a Wittgenstein. Insomma, un filosofo dovrebbe confrontarsi con la metafisica, cosa che Blackburn non fa, anche se la metafisica si prende le proprie rivincite. Per esempio, impegnato a descrivere il sé nella tradizione filosofica post kantiana, e in particolare nell’esistenzialismo, si lascia sfuggire che propriamente «in questa tradizione non viene descritto il sé, ovvero l’essenza della persona»… Ecco, ci siamo: il sé, dunque, è «l’essenza della persona», ma «essenza» è una categoria della metafisica aristotelico–tomista, da cui inevitabilmente non si esce, a meno di rinunciare al verbo essere, intorno al quale la metafisica si costruisce. Un filosofo, dunque, non dovrebbe lasciarsi sfuggire un concetto metafisico senza trarne le conseguenze e poi proseguire un discorso che metafisico non è. Le incursioni di Blackburn nella psicologia gli riescono meglio delle scorribande in filosofia. Per esempio, quando distingue quattro aspetti del narcisismo: «Leadership/autorità (il piacere di vedersi riconosciuti come un’autorità); egocentrismo /ammirazione di sé (apprezzamento del proprio aspetto fisico e della propria personalità); superiorità /arroganza (tendenza a sovrastimare le proprie capacità e a sottolineare elementi di superiorità e grandiosità); sfruttamento degli altri /sensazione che tutto sia dovuto (manipolazione, attesa di favori)». In ogni caso, l’io tirannico o narcisistico o manipolatore è fondato sull’insicurezza e sul bisogno. «Il narcisismo – osserva Blackburn – è uno stretto alleato dell’insana sicurezza di sé: la hybris», ed egli, non più filosofo né psicologo, ma semplice ideologo politico, la rintraccia soprattutto nel partito repubblicano degli Usa. Giusto distinguere tra autostima, amor proprio, orgoglio, e rispetto, ma a Blackburn (pertinente nelle citazioni bibliche, nonostante una fantasiosa narrazione del peccato originale) sfugge il secondo aspetto del comandamento dell’amore: amerai il tuo prossimo come te stesso. È la regola aurea del Vangelo: chi non ama sé stesso, non possiede la misura dell’amore per gli altri.