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Bisbigliare, dà autorità e non diffonde il virus

Umberto Folena domenica 20 settembre 2020
Un preside ha un modo infallibile per conoscere i suoi professori: camminare avanti e indietro lungo il corridoio e ascoltare quello che esce dalle aule. Se non sembra uscirne nulla, accosta l'orecchio alla porta: forse gli alunni sono impegnati in qualche prova scritta di matematica o italiano. O forse l'insegnante sta parlando a voce così bassa, ma chiara e scorrevole da giungere nitida in ogni angolo dell'aula, azzittendola senza aver alcun bisogno di gonfiare il petto e strillare. Quello è un buon insegnante. Se invece dalla porta escono tuoni e fulmini costanti, come in una notte buia e tempestosa, il preside farà bene a offrire all'insegnante una pastiglia Fisherman, o Fisherwoman per evitare discriminazioni.
Quella che finora è solo la virtù di alcuni, oggi sarebbe bene che diventasse una buona pratica per tutti gli insegnanti. Bisbigliate! Una voce bassa, ma ferma e sicura, trasuda autorità. Lo strillo è fatale indizio di insicurezza. L'insegnante che bombarda dirà che non può farne a meno perché la classe chiacchiera, non segue, è distratta. Il suo errore è scambiare la causa con l'effetto: non è lui/lei a urlare perché la classe sbanda e si distrae, ma la classe sbanda e si distrae perché lui/lei urla. Difatti poco dopo, con l'insegnante bisbigliante, sarà immobile e attenta.
Bisbigliamo, orsù. Fa bene alla didattica da sempre e fa bene alla salute soprattutto oggi. Il professor Jose L. Jimenez dell'Università del Colorado spiega che parlare a bassa voce diminuisce di ben cinque volte la produzione di aerosol, le goccioline nebulizzate che sono le prime autostrade del coronavirus. E Kyriakoula Petropulacos, del Comitato tecnico scientifico per l'emergenza Covid in Italia, ha esplicitamente chiesto agli insegnanti di non urlare in classe. Per questo motivo andare con la mascherina a teatro e al cinema, luoghi dove in genere si tace, è pochissimo pericoloso. Ma viaggiare in treno o in bus con i soliti strilloni da telefonino, come e più di prima, è fattore di rischio. (Per queste notizie siamo debitori a Giovanni De Mauro di "Internazionale").
Quel Jimenez è un burlone. Arriva a dire che se per un mese o due tutti smettessimo di parlare, la pandemia sarebbe debellata. È probabile che esageri. Ma non c'è dubbio che il coronavirus incontrerebbe grossi problemi nella sua missione infettatrice e che, in generale, la nostra qualità della vita ne trarrebbe giovamento. Bisbigliate, prego. Al ristorante, in autobus, nei bar; ovunque ci si incontra. In classe? Gli/le insegnanti bisbiglianti sorrideranno: noi abbiamo sempre fatto così. Gli/le insegnanti urlanti si divideranno in due gruppi: il primo dirà che con gli alunni di oggi (di ieri, di domani...), così indisciplinati, chiacchieroni e distratti è impossibile non gridare ma sì, ci proveranno se proprio bisogna. Il secondo gruppo corrugherà la fronte e protesterà: urlare chi? Ma io in classe non urlo affatto. E a poco servirà l'obiezione del preside che passeggia in corridoio e sente tutto.
«Esprimi il tuo pensiero in modo conciso perché sia letto, in modo chiaro perché sia capito, in modo pittoresco perché sia ricordato e, soprattutto, in modo esatto perché i lettori siano guidati dalla sua luce». Lo ricordava un faro per noi giornalisti, Joseph Pulitzer, uno che "scriveva sottovoce". In tempo di coronavirus, potrebbe essere un modello per tutti, insegnanti per primi. A chi diffida sempre e comunque dei giornalisti, può essere raccomandata la lezione di Publio Cornelio Tacito. Scrittore o oratore, è ricordato anche perché preciso e conciso. Le fonti non specificano, ma siamo convinti che quando parlava, bisbigliava.