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Bagnante e ombrello metafora del tempo

Umberto Folena domenica 21 luglio 2019
Nel suo esemplare saggio Chair and Umbrella: The Beach Paradox (Miami, 2018) l'antropologa del Mit di Boston, Veronica Marbles, osserva con crescente stupefazione come il bagnante medio occidentale – il bagnante medio africano non esiste, quello asiatico neanche perché in Asia non si va in vacanza ma si lavora sempre, quello caraibico men che meno perché i bagnanti occidentali non lasciano spazio a nessun altro – non sappia trarre le logiche conseguenze da un fatto negato solo dai terrapiattisti: la terra gira e il sole si sposta. No, cioè, insomma, non è il sole a spostarsi ma è la terra che, muovendosi, cambia posizione rispetto al sole il quale, a chi si muove assieme alla terra, sembra spostarsi... La Marbles l'avrebbe spiegato meglio, ma ci siamo capiti. Il bagnante occidentale medio giunge sulla spiaggia e si trova di fronte a due possibilità, una fausta, l'altra infausta. La prima: l'ombrellone è già stato aperto dal bagnino con muscoli guizzanti, asciutto come un'acciuga sotto sale e abbronzato perfino sotto la canotta che pure non si toglie mai (neanche la Marbles riesce a spiegare il fenomeno). La seconda: l'ombrellone è chiuso e il bagnante deve aprirselo da sé. L'operazione è semplice da descrivere quanto impossibile da compiere: si tratta di sganciare un anello tenuto fermo da un gancio metallico in basso e spingerlo verso l'alto, con tutto l'ombrellone, fino a bloccarlo a un analogo gancio posto lassù. Se sei più basso di 170 centimetri non provarci neanche, non ci arriverai mai. Altrimenti provaci. Le stecche dell'ombrellone ti sbattono sul naso, tu t'inabissi sotto l'ombrellone per sospingerlo disperatamente verso l'alto, i bambini strillano: "Mamma, l'ombrellone ha mangiato il papà!", la moglie sbuffa: "Ne hai per molto?". Dopo dieci minuti il bagnante medio è sfatto, le dita mozzate dal gancio, finché arriva il bagnino che zac, apre l'ombrellone con un solo, elegante movimento fluido, sorride alla signora (che ricambia) e se ne va, la carogna. A questo punto, assieme all'ombrellone si aprono due possibilità: o state al sole o state all'ombra. La Marbles è molto chiara: a lei non interessa chi sta sempre al sole, girandosi e rigirandosi unto e felice come un pollo sulla brace. E lei interessa il bagnante che ama l'ombra, guarda il sole e posiziona la sdraio per coprirlo. Primo paradosso: l'ombrellone è tondo ma la sdraio è rettangolare: per intero all'ombra non ci sta, in compenso rimane un sacco di ombra sprecata. Risultato: ustione a piedi e caviglie. Il secondo paradosso avviene quando il sole si sposta. Lo sappiamo, è la terra a spostarsi ma l'apparenza è un'altra e già questa è una metafora lucida dei nostri tempi: la differenza tra realtà e percezione. Il bagnante deve alzarsi, spostare la sdraio, riprendere il romanzo senza capirci niente (è un romanzo russo, troppi protagonisti assiepati, non puoi mollarli un attimo: infatti in Russia non si legge sotto l'ombrellone).
Le conclusione di Veronica Marbles è sconfortante: la scarsa adattabilità del bagnante medio, in ispecie italico, è metafora delle difficoltà del modello liberal-liberista che richiede movimento, flessibilità e lungimiranza. La posizione del sole va prevista, l'ombra va conquistata in anticipo e quando si allunga anche il bagnante deve allungarsi, lo esige il mercato. Come cavolo farà, sono affari suoi, il mercato non può pensare a tutto. L'urlo del bagnante che si mozza altre due dita per dimostrare alla moglie che è capace di chiudere l'ombrellone è il mesto, metaforico sipario che cala sul tristo palcoscenico.
(Veronica Marbles e il suo libro non esistono, sono un'invenzione. Però sarebbe bello esistessero).