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Bacco preso di mira come nocivo alla salute

Paolo Massobrio, Giorgio Calabrese venerdì 8 settembre 2006
In questo periodo - è inevitabile - si parla della vendemmia, che sembra promettere grandi cose. E intanto i dati dicono che l"Italia, nel primo semestre del 2006 ha avuto una performance del 12% in più nelle esportazioni. Tutto bene dunque? Macchè, mai come in questo periodo il vino è preso di mira, tanto che le polemiche pre estive hanno visto un ministro della Repubblica, Paolo Ferrero, dichiarare che uno spinello è più innocuo di mezzo litro di vino. Di pochi giorni fa è poi la notizia che in Francia sarà indicato sulle bottiglie di vino il pericolo per la salute dei nascituri. Insomma il vino, da bevanda che ha effetti benefici sulle salute, è diventata cosa pericolosa, tanto da essere paragonata a una devianza. E qui davvero qualcosa non torna e va a colpire radicalmente quella che è la libera capacità di giudizio delle persone. Sembra quasi che ci sia una cultura che ogni giorno cerca di dare spallate al buon senso, alle certezze su cui s"è fondata una civiltà, nei consumi, come nelle relazioni, per buttare tutto nel calderone del relativo. E si uccide così la possibilità di vedere un senso che sta dietro alle cose" persino nel vino. San Benedetto, nella sua Regola, parlava di un «enima» di vino al giorno, che tradotta coincide più o meno con i due bicchieri che i dietologi indicano come consumo positivo, ancorché sistematico, giorno dopo giorno. E a questo punto, viene da chiedere al professor Calabrese: ma i due bicchieri valgono per il Lambrusco come per l"Amarone? Insomma che peso ha il valore dell"alcol (nel primo vino sono 11 gradi, nel secondo 15) sul consumo quotidiano di vino? Lo chiedo perché il «calore» del vino, ovvero quella sensazione appagante che dà l"alcol, spesso è proporzionale al clima. Ad esempio chi scrive ama bere il Barbaresco coi primi freddi d"autunno, mentre d"estate era piacevole la «freschezza» di un vino bianco e anche frizzante. Come conviene comportarsi coi vini cosiddetti «importanti», leggasi Barolo, Brunello di Montalcino, Aglianico del Vulture? E che rapporto può esserci - dal punto di vista nutrizionale - tra il consumo del vino e il suo accostamento ai cibi?